Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931
( G. PIOVENE; La vedova allegra 3'79 un recinto per glì stalli del coro, disposti a cerchio intorno a un grande messale aperto ,sopra il leggio: il centro magnetico ,su cui gravita Aosta». Render squisita la visione intellettualizzandola mi par canone di questo nuovo scrittore, giunto all'arte narrativa dai territori dell'este– tica e della critica. Suo maestro, il Borgese. Al quale Guido Piovene deve, per esempio, la lucidità e saldezza incanta,ta, che spesso ca:rat- terizz.a i s111oi paesaggi. · Veniamo alle figure. L'ultimo racconto si chiude .con un ritraitto fisico di donna, che dà risalto al ritrntto spirituale; « Le oc,chiaie erano lar- ~ ghe, simpatiche, più espressive degli occhi : d'1,1r.bruno grasso e verdo– gnolo, rendevano lo sguardo più chiaro. Girava, con una, specie di su– perbia simulata per burla, quegli occhi d'un color vegeta.le , imJ?eria,Lmente bovini>>. È la figura meglio vista, del libro. Le altre; sublimate nell'intel– letto ed ivi raffinate, tanto perdono di consistenza esterio'l'e quanto acqui– stano di complicazione interna. Si pensa a un Maupassant, su cui abbiano lavorato di analisi e di soittigliezza uno psicologo tedesco e un logico inglese. Nel racconto più ricco d'esemplari umani, il primo, ci son due figure di vecchia e una figura virile, Giovanni Oggioni, in, cui l'equilibrio fra vita esterna, e vita interiore ancora non è rotto (tre tipi che non si dimenticano); ma del protagonista vedi male il viso, costretto come sei a, seguir tutta la dialettica dei suoi sentimenti e la. sofistica del suo cervello: l'amante di lui poi n'è come l'ombra cinese, la quale esagera. e complica tutto il sottile e il tortuoso di quella sofistica e di quella dialettica. Situazioni analoghe s'incontrano da raoconto a rac- . conto : nel quarto come ·nel primo, una donna s·'irretisce in ima pole– mica, tanto più prolungata quanto più vana-, con se stessa ed altrui per :fa.r luce sul preciso stato d'animo dell'amante infedele; e in tutto il libro è discussione serrata del protagonista d'ogni racconto con se me– desimo, per giudicar del1e proprie azioni e pènsieri: pensieri ed azioni essendo per lor natura mobili e mutevoli, la discussione potrebbe anche , continuare all'infinito : quattro su sei di questi racconti, infatti, non concludono; Inverno d,uomo feiice li supera tutti nel dar il senso di camminare e camminare e di trovarsi sempre "3Jllo~tesso punto. ])a Svevo a De Michelis, come da Proust o Joyce a Moravia, siamo assuefatti da a:nni a simili prove d'ingegno sull'analisi per farne ma– teria inesauribile di storia. C'erava,mo venuti abituando fin dal tempo di Serra e di Boine, dei quali Piovene serba qualche atteggiamento espres,sivo. Ma resta l'impressione, che se una passeggiata sulle colline di Cesena e un quarto d'ora a pancia all'aria sull'erba, poterono diven– tare l'Esame di coscienza di un letterato e il Ragionamento al solè, e ieri poche ore bastavano ad alimentare le cinquecento· pagine degli Indifferenti, la materia si sia prestata un po' al gioco dell'analizzatore, complicandoglisi •sotto fino all'inverosimil,e, per accrescergli le possibilità d'impiego del suo metodo. Esempio abbastanza probativo· mi pare offra Piovene in questa pagina, dedicata alla vicenda interna, e cosciente, di un personaggio, mentre oadeva per non più di dieci metri in. un pre- cipfaio: . « Quello che pensò e sentì Fra~cesco Possagno passò in lui in un tempo minimo, forse meno assai cli un secondo. Un pensiero scattò su-
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