Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931
378 C. ZAVATTINI, Parliamo tanto di me citata sull'al di là. E ,sarebbero anche da ricordare certi capHoli fune– rarii di J,eroone che pure passa per un maestro di quell'umorismo sano, « che fa buon sangue ii. Quanto a sé, dice Zava,ttini: « Mi cap,itò una volta, per istrada, d'accorgermi eh~ procedevo ,saltellando al ri~mo di . una canzone allegra- suonata da un organo mentre pensavo a cose ben tristi ii. E questa mi pare p,er ora, la mlgliore definiruone del suo umo– rismo. Che cosa farà domani Zavattini ? Lo so, la domanda è illecita e con– traddioe a tµtte le buone crea,n,z,edella critica. Ma taIDt'è, quando si è di fronte a uno scrittor giovane e che comincia bene è difficile non propor– sela. Auguro ,a, Zavattini di lasciar da parte certe battute di spirito scemo (ce n'è nel libretto) che magari piacciono in, altri umoristi ma che non s'intonano al ,suo umorismo serio; e sopra,ttutto di respingere 1a lusinga di quegli aneddoti (anche di questi ce n'è) in apparenza squisitissimi e quintessen.ziati e che, senza dirgli nulla, intimidiscono il lettore e lo fanno sorridere soltanto per la scema paura di pas,sar da scemo. È un gergo letterario di bassa estrazio·ne. Piuttosto, dopo ques,to primo li– bretto di aneddoti e di quadretti, vedremmo volentieri Zavattini impe– gnarsi sopra una trama più consistente. Più che afori,stico o epigram– matico, il suo umorismo, come s'è visto, è di natura narrativa; e pro– mette il racconto. PIETRO PANCRAZI. ' Gumo P1.9vENE, La vedo•1;aallegra. - Buratti, Torino, 1931. L. 12. Nell'ultimo dei s,ei racconti riuniti in questo volume, e che dà il suo titolo all'intera raccolta, si parla di « piaceri visivi raffinati e ri :fl.es •si,che a ventidue anni, chiuso in un generoso preconcetto polemico ii, l'au tore trovava« quasi peccaminosi l>. Duri o no anc6ra simile « preconcetto. ll, bisogna riconoscere che que– st'autore, là dov'è più artista, è µn •visivo, e un raffinato e un riflesso. Le sue cose viste son'o paesaggi e figure, e il raffinato e il riflesso è in una spede d'atmosfera rarefatta dal pensiero, di fredda luce intellettuale, in cui gli uni e le altre si rivelano e acquistan risalto. Dinanzi alla cam– pagna vicentina presentata come « una Turchia, moJle ma non fino· in fondo, perché vi si sentono le coste dei monti, e porta i fasti di Palladio in un paesaggio che sa già di Germaniall, ti ritrovi meno.lettore su un effettivo racconto, che sopra, poniamo, un ritra,tto imagina,rio di Walter Pater. La ste~ 1 sa impressione, tra la fantasia e il saggio estetico, ti dà la Rotonda Palladiana evocata, con le sue colline a.Jl'intorno e i suoi orizzonti, a far da sfondo a un racconto: viene in mente il Goethe, e non perché quella villa figura nel Viaggio in Italia, ma per la chiarezza e 1:ordine e l'armonia della sintesi, cui 1~ staccate impre.<1sioni riescono, mettendosi sotto il governo dell'intelletto. Una sintesi paesistica è anche questa Aosta, nella quale è difficile cogliere dove fini,sca l'imagmazione e cominci il pensiero sorretto dal gusto e daJla cultura: « La cittadina non è che un ~ecinto per una chiesa, Sant'Orso, e Sant'Orso non è che BibliotecaGino Bianco
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