Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931
- C. ZAVAT'I'INI, Parliamo tanto di me 377 ciolo da bambini. Spesso le capre saltano il cancelletto e si sdraiano fra la gramigna sotto il sole bianco della montagna. Non c'è bisogno di carri due passi e si :arriva. Gli abitanti possono as,colta-re i discorsi funebri stando afl.'aociati alle loro finestre n. Dove il sa,lto di quelle capre rende tutto così vero. - · Poiché il nostro umorista viaggia nell'al di là è naturale non man– chino nel suo lihrn i paesaggi di fantasia: « Il Purgatorio era un im– menso prato costellato cli margherite. Lontane apparivano le alte porte del Paradlso. ,Sembravano sospese nell'aria,>>. Breve, ma basta. Eèco ora due diverse vedutine del Paradiso: « Un angelo schiacciò un bottone e su~ito arrivò come un bolide attraverso· lo .spazio un tavolo, sul quale sali 11 nostro eroe. Molti applausi •si levarono dalla folla degli spiriti. Tre angeli, che stavano passando in quell'iistante a volo, credendo rivolti a loro gli applausi. si fermarono, fecero alcune brillanti evoluzioni sopra la folla, indi séomparvero verso l'Empireo n. Dove i tre angeli in squa– driglia ,sembrano il commento umoyi.srtico di certi cieli dell'Angelico. << Una grossa palla di gomma piombò sul naso di un beato, che, .s,teso all'ombra di una fronzuta, quercia, ,stava sfogliando un libro illustra.to. Il beato si alzò di ,scatto: ' Con tutti questi bambini, in paradiso non c i si starà mai bene '. E si all0tntanò indignato >>.Qui mi par di sentfi:e come un'eco di Baldini; e certo gusto ba1diniano c'è in tutto il ritratto di Svainn : il beato che per amore del suo comodo dal Paradiso scende al Purgato1;-io, e poi passa agli Inferi; ed è quasi una caricatura cli Belacqua. Di soHto il disegno umor1stico di Zavattini è breve; poche righe gli bastano a chiudere un fatterello, un aneddoto, una figura; ma non mancano invenzioni più piene e più «tenute>>; cooì la figura, di quel motteggiato· Caclabra che incontriamo successivamente nei tre regni dell'aÌ di là; o quel Vassary all'o•spedale che a un tratto si finge morto per consolare il suo vicino di letto, moribondo; o ii figlietto del signo,r Grunts che, per impietosire il padrone di m11sa venuto per riscuotere la pigione, ,si fa trova,re steso sul letto, tra due ceri, :finto morto (e i parenti sull'uscii.o: - Non è il momento, s:ignor Grunts, le paille? -) e poi muore per davvero. - A questo punto, qualcuno dirà che nella trama di questo umorista ricora.'ono troppe mo,rti, e spiriti è cimiteri e funerali. C'è persino il figlio di un beoohino eh~ racconta : « a dodici anni mi innamorai di una bambina che veniva tutte le domeniche. Mi chiese : ' Hai paura di notte ? ' Le feci vedere che tenevo i teschi nelle mami come fossero pere>>; con una oranerie lucianesca. E davvero nell'umorismo di Zavat– tini la morte ,è il pensiero dominante. Dice da sé il nostro autore: « Se io foss!i.ricco paJSserei buona parte della giorI11ata sdraiato in una soffice poltrona a pensare alla mmi;e. ·Sono povero, iuv,ece, e pos·so pensarci solo neJ ritagli di tempo, o ~i n ascos,t ~. Alcuni gior1;1i !~ ~l ~ig~or ~etter mi sorprese che guardavo mca,uta.to 11 so:ffittç e grido . Sia 1 ultima volta che la trovo a pensare alla morte in u:ffido' >>. È troppo insistente· qµesta nota funeraria nelle pagine di Za".'at~ini ?' Può darsi. Ma Sf\ l'umorismo è come anche fu detto, un effetto d1 bianco e nero, il penisiero della mo,rte 'ci gioca l>ene .. E c'è t~tta un3: fa~i~lia di umoristi, da Luciano (è un bel salto) a Cmm, che di proposito si e eser- _
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