Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931
372 G. UNGAR.ETTT, L'allegria ----------------------------- GIUSEPPE UNGARIDTI'I, L'alleyria. - Preda, Milano, 1931. L. 25. Può parer.e strano ma proprio, non si può intendere la poesia di Un- ' . garetti, senza prima riferfrsi a un modo di « recitarla>> ; anche se poi recitarla ,sia .in effetto impossibile, per una quasi povertà tona,le e as– senza di caldo. Allora bisognerà dire che quella ha da es-sere una recita– zione muta, fatta solo mentalmente. Sulla sua pagina scritta, l'occhio è preso, e l'anima s!Illarrita. Con quella versificazione gracile, ,con quelle poche ,spa~te sillabe a ogni verso e con le pause a ogni respiro, - soppressa l'interpunzione e,sop 0 pressi pe1~finogli interrogativi, - è forza dar peso agli intervalli, che parlano anich'e.s1si,mi,surarli idealmente, e leg·ar·le par<;>•le in una sorta di enfasi tenuiss,ima che avvolga le particole dei versi, armoniose e, direi, imbevute cli essenze. Un'<<ars oratoria ll, insomma, assunta come pura cosa intelligibile, ma da non tradursi in pratica mai. Come se, ragio– nando per a;s,surdo, una musi,ca non sii potes:se che capirla solo leggendo, e a realizzarla si disperdesse tutta quanta. È forse l'estremo grado a cui è arrivata la poiesia letta e, nel tempo stesso, il principio, l'embrione d'una poesia che domani torni a essere detta,. I moti, i gesti, le flessioni, le modulazioil1i che accompagnano quella 1ettura, ,sono da intendere come moti gesti flessioni modula,zioni dell'a,nima, impercettibili. A sos.tituirvi una recitazione vera, c'è da ve– dere tutti quegli intervalli ideali svanire, e i versi ,configurarsi in una prosa placida, s,inm;sa, mormorata (la prosa cli poche righe o di un rigo solo, ché più lunga non è la durata cli 'molte poesie cli Ungaretti), e la vibrazione, l'os ,cillazfo.ne , quell'estenna,zione ,che è in ogni sillaba, quel de– licato sommess o battere s u ogni lettera d'una emozione trattenuta, non sarebbe più nulla, cadrebbe. Mentre, quanto più lontana è la recitazione da,l diventar possibile, tanto più vaga, lenta, esitainte, so-spesa, dispersa può idealmente riusdre. Esce ora questo volume delle sue poesie, L'allegria; e non è, in appa– renza, che la ripetizione dell'altro appa<l'so il '19, Allegria· di naufragi. Ma in apparenza soltanto. Le -correzioni che Ungaretti vi ha portate ne fanno una cosa nuova. Egli s'è provato, a distanza d'anni> a, ridettare le prime poesie, o le a,ltre che era venuto componendo confusamente, e in uno ·stile combinato, tra l'avventuroso delle parole in libertà e il rigore d'un lirismo essenziale, secondo il modo, certo, poverissimo, delle poesie ultime. Anche ad apertura di libro si vedrà che sono spariti i versi chilo– metrici e, dov'era solo un difetto di trrusàizione o, meglio, di modula– zione, il verso è rimaisto sì, ma diversamente disposto, e franto sillabi– carrnente. . Sarà per questo, per il bisogno cioè, da Ungaretti già impoten.temente avvertito, di fare che il nuovo balenasse da una sì provvisoria stesura, che, ne~ ,sistema:ee l'Allegria di naufragi, a,veva capo,volto completamente l'ordine cronologico delle poesie, qnasli aspettando che ognuno di noi, lette le ultime in tempo che a posta aprivano il volume, riscoprisse per suo conto l'iniziale novità deUe prime, le spogliaisse; ché ancor&, una macerazione d'es,perienza, e dico esper<ienza tot~le, non era giunta a dare BibliotecaGino Bianco
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