Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
L'Italia cd, Eriresto Re1tan Jalle .lettere di lui 187 si;i,ràl'elemento dissolvente. La forza della chiesa è nella sua unità; la libertà, intesa conìe facoltà che gli associati avranno di disporre di tutto secondo la propria volontà, spezzerà quella forza : « da prima gli scismi di persone,. poi quelli dei dogmi si produrranno da ogni parte >> (I, 303). Ma nulla di tutto questo Renan vide. Le sue previsioni finiva°'o nel vano, come le nubi inseguite dal vento. E forse con esse le sue speranze. Da notarsi è il fatto che col venir innanzi degli anni scompare quasi del tutto dalla sua corrispondenza ciò che prima ne era fre– quente, appassionato argomento. Le lettere di Renan ad Amari continuarono assidue e cordiali; ma dopo quella del 1878 1 ov'era detto ciò che avrebbe dovuto fare il governo italiano per far uscire contro al papa dal conclave un antipapa, non più una parola vi si legge su simili oggetti: che il buon senso italiano abbia avuto modo di· fargli comprendere che quella da lui pensata non era la via diritta? Poco dopo Renan scrisse a Bonghi, mostrandogli vivo - desiderio di sapere com'egli interpretasse «l'enigma di questa sfinge>>, Leone XIII (II, 133). L'insieme delle questioni che egli si era proposto, ed alla cui soluzione aveva dato tanto suo lavoro, aveva preso per lui l'aspetto della ·sfinge; enigmi che non avevano risposta. Anche con la principessa Giulia Roccagiovine Renan ebbe fino all'ultimo corrispondenza frequente; anche qui è silenzio sui problemi che già erano stati i più gravi e più urgenti; ma poiché l'animo qui più confidente si apre, il sentimento che spesso e sin– cero ne sboccia è quello della tTistezza dell'animo suo; tristezza per la fuga precipitosa degli anni (II, 189), per tutto quello che fuori di sé vede a sé d'intorno : .sostiene la vita, ma come soldato che vada alla battaglia senza fuoco nel cuore (II, 186). Una sola cosa la sostiene, l'avere ancora qualche dovere da compiere (II, 245). 'E con volontà ringiovanita si accentra tutto anc6ra sul lavoro (II, 319). Ma qualche volta la stanca mano non cadrà su di esso? « Lavoriamo finché siam giovani)), scriveva al Berger : « ahi ! la vecchiaia! non invecchiate, mio caro signor Berger, non invec– chiate!)).' Queste sono le ultime parole dell'ultima lettera (II, 356). Ma egli era al suo posto, fra tutti gli strumenti, coi quali aveva sem– pre esercitato le ali del suo ~ngegno, i nervi della sua volontà; col pensiero, silenzioso e degno, su quella ricerca della verità a cui aveva creduto di consacrare la vita. E in tal pensiero, non sarà ve– nuto alla memoria ed alla meditazione sua quell'ammonimento dato dal suo amico Sainte-Beuve, a lui cosi caro : « fate che anche della perdita delle vostre illusioni la verità si avvantaggi)) ? CARLO CALISSE. BibliotecaGino Bianco
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