Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
186 O. Oalisse egli è esitante! (I, i74). La filosofia non basta; molto meno se .col dubbio s'inacerbisce il dolore. Quando ripensa allaimadre sua, e passino pur gli anni, Benan al dolor suo non sente mitigazione, e deve riconoscere « che non v'è filosofia che ci dia delle buone ra– gioni per prenderne in tali casi il nostro partito)) (Il, 13). « La fede religiosa sì; essa in tali irreparabili perdite dava conforti meravi– gliosi>> (I, 267); e Renan ne vede e ne esalta gli esempi viventi; la virtù «cristiana)) della pia consorte del principe Napoleone, Clo– tilde di Savoia; quell'« alta virtù, che la rende nelle avversità ~osì grande e così forte)) (I, 357, 359). Con piena ragione, perciò, con– cludeva che « se le nostre idee morali e filosofiche sono mute di– nanzi alla morte, la colpa è di noi soltanto)) (I, 267). .Sterili germogli di qualche seme nascosto fino dai primi anni nel suo cuore? eco postuma di qualche voce innestatasi nell'anima sua giovanile? Certo, sono manifestazioni di uno stato di animo, che non riposa sicuro sopra unico fondamento. E di qui possono derivarsi le contradizioni di cui si è fatta colpa a Renan, e che nègli scritti suoi certamente s'incontrano.. Senza uscire dal campo della sua corrispondenza, non di raro si scopre, da un'occasione all'altra, la mutabilità del suo pensiero, ove pur avrebbe dovuto esser più fermo, Condannato è il culto ufficiale., ed ogni uomo che rifletta non può, scrive Renan (Il, 252), entrare come fedele nelle chiese; tuttavia egli stesso si rammarica che il popolo se ne allon - tani, e fa voto e spera che vi sia chi ve lo richiami, « poiché la chiesa è necessaria!)) (III, 284). Ciò non gli vieta di scrivere agli anticlericali di Roma che, uscito dalle chiese il popolo, nessuno ve lo potrà più ricondurre! (II, 216)'. Non si deve ammettere alcun intervento soprannatuale, la provvidenza nella, cura delle cose umane; così, senza equivoco, Renan stabilisce (I, 231) : ma nelle sue lettere si leggono, più volte, dichiarazioni come queste: «agli occhi di Dio, di ·cui la umanità non è che un'interprete spesso ine– satta, sarà ristabilita la giustizia)) (I, 214) ; « volere ciò che Dio vuole è la sola scienza che mette in riposo» (Il, 258); « quando tutte le vie si vedono sbarrate, quelle sono le grandi ore della prov– videnza» (II, 272). « Il cattolicismo non può perire)) ; la chiesa cattolica è « la nostra vecchia madre, fecoµda ancora)), scrive Re– nan ad un sulpiziano (ivi) ; egli, che nel tempo stesso poneva come primo bersaglio alle inimicizie sue il cattolicismo e il papato (I, 86; II, 147). Vero è che la fecondità della chiesa Renan pensa che possa essere la trasformazione di se stessa ; ma come ciò possa ac– cadere egli non sa affatto concepire, e se ne rimette alla provvi- 9-enza! (II, 272). Intanto, anche da parte degli uomini il problema urge, e Renan per sé già'lo risolve col volere che alla chiesa cat– tolica sia data ogni libertà; la libertà che tutti hanno di associarsi nelle forme e per i fini che vogliano (II, 147). La ragione è che essa BibliotecaGino Bianco
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