Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
L' Ital-ia erl Ernesto Rena n dalle fottere di lui : 7fl perfetto della vita umana; o meglio, è il compendio della vita- della uma– nità concentrato .in un punto. Né mutò nel ritornarvi più volte. Nel 1873 scriveva alla Rocca– giovine (II, 40) : La vostra Roma è la grande pacificatrice dell'anima, è il rifugio di tutti i feriti nella lotta di questo Jl!;Ondo. Donde tr-aeva per Re'fi3111 questo linguaggio la città eterna? I testimo111idella grrundezza antica non sembra che m9lto facessero traccia sull'runimo di lui'; ed è 111oto che in tutto egli preferiva la Grecia a Roma, che di quella noo sarebbe stata che tarda e no111 perfetta imitatrice. Pregia il paganesimo, e scrive che dalla vita in Roma stessa si sente verso quello risospinto, tanto« da esser tentato di riprendere la tesi di Gibbo111, la riabilitazione del paga111esimo contro la religiooe che ne ha preso il luogo» (I, 17). Ma lo pregia come 111aturalemanifestazione della umana religiosità, la quale, sotto il lavoro della ragione, si muta poi in una filosofia religiosa, oome precisamente nel paganesimo :1Vvenne: perciò alla sua storia delle origillli del cristirunesimo egli volle aggi.ungere il volume sul regno di Marco Aurelio, perché gli sarebbe parsa cosa ingiusta «111oncon– trapporre al cri;stianesimo questo grande' tentativo <l'i. scuola laica di virtù>> (II, 157). Molto meno potevano piacergli i testimoni del vi– vente cattolicismo. «Insipide>> le cerimonie della cappella Sistina, e lo stancavano ; nulla gli diceva San Pietro con i suoi «insignificanti>> riti della settimana santa; vacuo fasto il culto, come l'architettura del Borromini. E poi, se in Roma son cose da· ammirare, ve ne sono altre per ridere, per piangere, per disprezzare (I, 29). Certo, le cata– oombe, i musei, le basiliche cooservate nelle 1oro forme di origi111e lo attraggono, dando ai suoi studi elementi preziosi, quali altrove non aveva (I, 17, 32,357; II, 48). Roma a primo aspetto gli appa.rve una grande ruina (I, 30); l'antica, sopra la quale fosse crollata l'al– tra della Roma cristiana. Ma delle ruine Renan ha questo concetto. che esse conservano quello che di vero esisteva nella idea rappresen– tata dall'edifizio a cui appartengono: tutto l'altro è scomparso (II, 160). Tutto è nel riconoscere e raccogliere questa sopravvivenza dell'idea. E nella grande calma regnante entro le mura di Roma, con le ruine, materiali e morali, accumulate da secoli, Renan se ne sen– tiva penetrato lo spirito ed elevata la mente, dando, naturalmente, alle voci raccolte il suono che all'animo suo conveniva. Si compia– ceva della vista de' campagnuoli, a frotte per Roma, uomini e donne, con gli utensili in spalla, viventi all'aperto; poiché « qui, - diceva (I, 36), - è il vero.: non in San Pietro, ove non si entra che con biglietti diplomatici ! >>.Ma il « vero » egli credeva trovarlo anche nei BibliotecaGino Bianco
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