Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

f/ Italia ed Ernesto Renan dalle lettere di lui 177 ) dici della fortuna napoleonica. Conveniente pareva piuttosto a Re- nan una monarchia libe'I'ale; ma 111el contrasto dei partiti 111e vedeva l'impedimento, e perdeva 1:idnda. Né l'aveva nella repubblica: è vero che egli diceva che se l'avesse creduta, capace di operare ne] paese una seria rigenerazione, egli sarebbe stato repubblicaJ10 ed ardente; ma tale non la, cre<leva {I, 342). Era allora la repubblica che fece capo al maresciallo Mac-Mahon, e ,da Renam uscivamo èsda-. mazioni come questa, -che' egli era vicino oramai a disperare della salute della patria (II, 121, 123).. Ma la nave parlamootare mutò poi rotta, vfrando a sinistra. E Renan accedette. Si aggiunse che circa quel tempo egli si lasciò, com'eragli già altra volta avvenuto sulla fine dell'impero, prendere dalla lm;inga; di amici a lui proponenti, nel collegio di l\fa:rsiglia, la c:mèlidn.tura al sena.to. Fece allora ampie dichiarazioni di fedeltà alla repubblica ( II, 146 , 149) ; scrisse che « la buona direzione di essa costituiva il più grande, interesse della Francia ed in un certo senso dello spirito umano)) (II, 159) ; perfino la democrazia, che egli prima aveva detto cagione dei mali della Prancia (I, 341), viene ora in grazia, e Renan scrive ,che ·« essa farebbe atto di spirito e di buona politica dando il voto a lui; a lui, che non era stato mai adulatore, appunto perché nel fondo del cuore la ama.va ! )) (II, 152). Fu cosa (!latura le che n on gli mancassero allora, e che· gli si rin– novassero poi le accuse· di contradizione a se stesso. Agli elettori rispondeva che il mutar de' tempi e la esperienza che questi con sé portano avevano potuto mutar le sue idee., sempre però sulla base immobile della devozione alla pa.tria. Ma la ragione più vera deve ricercarsi 111ello stato dell'animo suo, incerto ed inquieto. Lo dice egli stesso. Tutto quel che si ha intorno è così oscuro e mutabile, oosì pieno di domamde senza risposta è ì'avvooire, tamti son gli ele– menti che s)incontrano e si urtano, anche il popolo si mostra così cadetto nella, indifferenza, che non v'è uomo, che rifletta, il quale non ceda al dubbio ed alla esitazione. Quando si ha certezza, non si trova chi segua: il popolo è bambino, né può risolvere pro– blemi che tengono i migliori spiriti in sosoeso: i governanti obbe– discono alle loro passi0111i ed ai loro pregiudizi (I, 353, 361). « Io predico al deserto)), scriveva Rena,n al principe Napoleone (I, 359); e alla Roccagiovine più tardi : « il paese ha preso partiti del tutto diversi da quelli consigliatigli, ed io non vorrò certo· il suo male per dimostrare che era da mia parte la ragione)) (II, 189-90). Che rimane? Cercar 111elavoro della mente la distrazioille dalle circo– stanti tristezze, il conforto che è pur necessario, affinché viva, allo spirito. E così, dopo quello della Framcia, rinvigorita da virtù germani– che,_svaniva ainche il sogno della Francia che' potesse e vofosse essa dar mamo a quella sociale rigenerazione, che Renam aveva nei suoi 12. - f'1'gaso. BibliotecaGino Bianco

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