Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
Incontri 147 Entrammo in un caffè v1cmo, mi premeva che egli mangiasse subito qualcosa. - Prendi un caffè-latte. - Gli feci portare del pane .. Il padrone mise sulla tavola un cestello di pane fresco che . odorava tepido. Oribol mi dis se che la sua vita andava male. Era disoccupato, la fabbrica dove lavora .va era stata chiusa, gli passa– vano tre lire e settantacinque a l giorno, ma col primo di febbraio il sussidio sarebbe cessato, - Dopo sei mesi di sussidio ci consi– derano come se avessimo trovato. lavoro di nuovo e con questi tempi, come si fa a trovar da lavorare? - Mi attraeva per ragioni che non sapevo controllare, di certo appartenevano ad un confuso ricordo del nostro passato da ragazzi, e nello stesso tempo la sua fosca, triste e inestricabile miseria mi opprimeva e mi induceva a fuggirlo. Non gli sapevo cosa dire, mangiava avidamente il pane inzuppato nel latte. Mi toccavo nella tasca una moneta da venti lire deciso di dargliela come unica risoluzione del nostro incontro. Sentivo che non potevo sinceramente addolorarmi per lui, avrei dovuto tra poco proseguire col treno della Valsuga~a per raggiun– ·gere in Trentino un mio amico insieme al quale s'era progettato di pa_ssare alcuni giorni di baldoria in alta montagna. !:Mancava qualche minuto alla partenza del treno. - La situazione è tre-,,. menda, - dissi, come una frase· convenz.ionale. Freddamente guar– dandolo nel suo volto di estenuato, pensai che se avesse dovuto morire dopo l'ultimo respiro non avrebbe avuto un aspetto diverso · da quello che aveva in quel- momento. - Caro Oribol, bisogna re– sistere. - Per me è il meno, ma non so come faranno mia moglie e mio figlio ; quando si era ragazzi non si pensava che ci sarebbero capitati addosso di questi pensieri. - Ed animandosi come se fosse di già fuori da ogni preoccupazione, mi disse : - Sai il manoscritto che mi hai dato del racconto che hai scritto su di me, l'ha voluto il direttore della biblioteca, qui, del paese. - Pa– reva fiero di questo'. - Gliel'ho mostrato e egli me l'ha portato via. - E allora, - gli ho detto, - a me non rimane più nulla? - Egli mi ha fatto spedire due copie della rivista dove è stato pub– blicato. - Mi alzai, era ora di andare. Sulla porta gli passai nella mano, quasi senz'ossa, la moneta che tenevo preparata. - lMa ti vedrò anc6ra? - mi disse. - Tra quattro giorni col treno della sera sarò ancora di passaggio dì qui, vieni alla stazione; già non hai nulla da fare. - Dovemmo fermarci, perché per la strada passava un gruppo di buoi condotti da alcuni uomini. Gli indicai questi uomini. - Come sono interessanti questi tipi di sensali; - gli dissi. - Vestono. tutti alla stessa maniera: mantello, scarpe gialle, cappello piccolo e molle e hanno quasi tutti la stessa espres– sione del volto. - Sì, - egli disse, - ma se tu sapessi come sono volgari, abituati a trattare con le bestie, trattano nella stessa maniera con gli uomini, si dànno sempre dei gran colpi di mano BibliotecaGino Bianco
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