Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

Nuove indagini sul ~lf.anzoni 143 per l'Innominato, per don Ferrante, per donna Prassede e forse ne dimentico alcuno, egli prepose all'azione un antefatto. Vide cioè che la loro anima aveva taii profondità istruttive da doverla . ' esammare nel suo presente e nel suo passato. Per i popolani nulla di ciò; essi possono a parer suo rivelarsi appieno nell'azione, perché non c'è st_ato in loro nessun lavorìo interno a prepararla e a spie- garla. - Con ciò intendo forse dire che il largo posto fatto agli umili nel romanzo non- gli abbia dato caratteri artistici particoJari? No di certo: uno almeno gliene dette e insigne. L'aver collocato gli umili sullo stesso piano dei grandi, fece sì che per l'unità dello svolgi– mento questi dovessero adeguarsi a quelli nella semplicità e nella naturalezza della rappresentazione; che cioè anche ad essi si appli– casse il proposito, da lui manifestato il 29 maggio 1822 al Fauriel, di voler « considerare il modo d'agire degli uomini nella reailtà, ~ sopratutto ìn ciò che esso ha di opposto allo spirito romanwsco )). Gli umili quindi, se non soppressero punto gli eroi, valsero effetti– vamente a « diseroizzarli >),ossia a spogliarli delle clamidi, con cui i celebratori erano statì soliti a vestirli e falsificarli. In una parola, gli umili a,iutarono il Manzoni ad µsare senza restrizioni il felice criterio dell'assoluta verità. Ma se si vuole andar oltre sembrando poco questo beneficio re– cato ai Prome8si Sposi dal popolo, bisogna ricorrere ad un altro popolo, non a quello che egli aveva messo in scena; ricorrere al popolo nelle cui mani il romanzo avrebbe potuto andare, e che nello scriverlo gli fu sempre presente all'animo. Non s'accorse, precisa– mente nel preparare per la, prima ed ultima volta uno scritto d'in- . dole popolare, che gli era necessario rifarsi la lingua perché fosse accessibile a tutti e curu,re sempre più la chiarezza dello stile perché esso non rimanesse difficile a nessuno '! Questi effetti linguistici e stilistici non furono già un bel frutto ? Ma il frutto princip,ale riguardò l'indole morale del libro. Apo– logetico non lo volle fare. Salvo la Morale Cattolica e sì e no gl' 1r11ni Sacri) egli non ebbe mai il proposito dell'apologia. Se, imbevuto com'era della religione catto~ica, essa gli trasudò da tutti i pori, in modo da uscirne naturalmente una continua apologia di fatto ; se bene Antonio Òojazzi ha potuto estrarre dalle sue pagine, sotto il titolo di Man:zoni apologista tanti brani apologetici da formare un grosso volume, egli mirò di solito ad esercizi letterari. Nel romanzo si propose di « rappresentare, per mezzo d'un'a~ione inventata, lo stato dell'umanità in un'epoca passata e storica)). Al marchese. di Mongrand, traduttore francese dei Promessi Sposi il 31 gen– naio 1832 aveva scritto che « l'a:utore, lavorando 1:eramente per se- BibliotecaGino Bianco

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