Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

Nuove indagini sul Manzoni 137 Dio e a un così gran ministro di Dio, lo vediamo più tardi umiliarsi davanti agli uomini e ai più piccoli uomini, ma serbando tutta la sua ferrea volontà di comando e giungendo così all'evidenza somma e da tutti sentita della sua cristiana ed u,mana grandezza. Del resto, nel rifare il romanzo, non solo ~ per dirla colle Sue giuste parole - ccs'impose al Manzoni in tutta la sua importanza di condizione vitale dell'opera d'arte quell'esigenza dell'unità for– ma,le a cui aveva potuto non prestare attenzione quando era anc6ra occupato a comporre, cioè a scegliere, elaborare e mettere assieme gli elementi storici e immaginati>>; ma gli s'impose l'esigenza d'un'altra unità, ossia il serbarsi coerente alla propria natura ed al proprio sviluppo intellettuale e morale. Lo st'lldiare questa se– conda esigenza m'aiuterà ad esaminare quella parte, ccgli umili e i potenti», che ha dat9 il titolo a tutto il Suo libro. . Il Manzoni accanto, e forse al disopra delle sue facoltà artistiche, ne aveva due rarissime a trovarsi insieme; quella del ragionare for– tissimamente, e quella dell'osservare instancabilmente. Dico raris– sime a trovarsi insieme, perché di solito i grandi ragionatori, giu– risti o filosofi che siano, lavorano nell'astratto, e i grandi osserva– tori, siano storiografi o drammaturghi o romanzieri, governano di rado la loro osservazione con una logica ferma e sottile. , E appunto adoprandole insieme, nulla lo interesserà più del notare nella realtà, accanto a fedeli applicazioni, le varie deforma– zioni che le regole del pensare o del vivere subiscono nel passar per le teste e per i cuori de~li uomini. Anzi, dal vedere quanto spesso gli uomini_ s'allontanino dalla logica, egli trae un disgusto tanto più vivo in quanto la logica, per la facilità con cui egli l'adoperava, gli pareva la strada non solo necessaria, ma agevole ad ogni mente. E sarà un disgusto fecondo, poiché l'indurrà a farsi costante sco- -pritore e correttore delle mille incoerenze comuni. Altra non è la materia di tutto il suo multiforme lavoro. Sarà suo tema la incoerenza degli storiografi nel trattar la que– stione delle relazioni fra i Longobardi e i Romani; lo sarà l'incoe– renza, - che egli addebitava implicitamente perfino al suo ro– manzo, - di mescolare e confondere la verità storica e la verosi– miglianza fantastica; lo sarà l'incoerenza dei giudi~i degli untori, che violarono la legalità e l'equità per i sofismi suggeriti dalle loro ·prevenzioni e dalla feroce aspettativa dell'opinion pubblica; lo sarà l'incoerenza dei rivoluzionari che per riporre in assetto la Francia cominciarono dal distruggere il governo e non poterono ricostruirne nessuno. Perfino i suoi studi sull'unità di tempo e di luogo nella tragedia, sull'economia politica, sulla proprietà let– teraria, sulla stessa lingua italiana, saranno, a guardarci bene, una rettifica degli errori commessi dalla gente contro la logica. BibliotecaGino Bianco

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