Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

E. MONTALE, Ossi di seppia 245 una qnasi inconsapevole originalità iniziale. ·Quel soverchio di compia.ci– mento sarà certo dell'età; a ogni modo, se pure in una- forma esteriore prepotente, è chiara,mente dimostrativo. E se, ancora, più che la musica, c'è il tono, pesantemente rag gruma to, ha, in compenso, un valore pro– fetico, e preannuncia tutta qua.si la poesia. Suoni così aspri, infatti, tutt'insieme, in breve giro, n oi non ne troveremo più: << rovente muro i> « crepe del suolo» « cocci aguzzi» « calvi picchi>>, «sterpi» «scaglie» «pruni», « schiocchi di merli» « frusci di serpi l> « tremuli scricchi di cicale»: e in fondo, come un riverbero di quella natura di.ssecca,ta, la presenza _ù 'un.a verità squaJ.lida: E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com'è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ba in cima cocci aguzzi di bottiglia. S'è to,0cato così, senza volere, il punto che più èluole nella poesia di· Montale:l E già sul principio, in due strofe ferrigne, s'è visto il « ma.le di vivere» dimostrato per esempi. Il suo· c11ore,egli dice, bene non seppe « fuo-ri che il prodigio Che schiude la divina Indifferenza-», e che ormai, alla su.a bocca disillusa, « lo stesso Sapore han miele e assenzio», e il petto « raro è squa:ssato da trasalimenti». Pure, non è che un continuo trasalire, la sua vita; per quel sentirsi non- -essere, non volere. O, se è indifferenza, è indifferèll?',a, diciamo cosi, sofferta,, non già goduta. g confesserà, alla fine, che oggi egli sente la sua << immobilità l>« come un tormento»; ed è verità vera, nata dal sangue- e dall'esperienza. Vede sopra un sarcofago, scol pite, delle fanciulle che vanno a, uno sbocco di valle. Valle felice, come i :J.ei sogni; felicità di chi va senza saper dove, e sa, dovunque arrivi, che s arà b eato, come nella speranza. E do– manda,, incredulo, qua-si si sv,egliasse appunto da un sogno : . Mondo che dorme o mondo che si gloria d'immutata esistenza, chi puo dire ?... Dorme, dunque non patisce; si gloria d'ùnn'IA;,tat(kesistenza, e non è dan– nato a un perenne fluire e sparire. Montale, ecco, sente d'es-se1·euna po– vera crea-tura chiamata a, un'.inquietudine aspra, e a-vverte acutissima– mente lo « sfacelo» di tutte le cose, lo sfasciarsi imponente della realtà grande a cui non sa- più credere. Il suo compiacimento crudele, o il suo supplizio, -ènel cercare, nell'ordine nnive1'so•,uno «sbaglio», un << punto morto», l' « anello che non tiene l>.E tutto, a mano a mano gli diventa senza né forma né peso, uguale, uniforme, anzi informe: e il mar,e gli si presenta quasi un'immagine specchia,ta della sua vita, e della vita,, il mare che incessantemente muta, immutato. Cercava invece una realtà: luci e ombre, proporzioni e sostanza. Si sarebbe, pur d'essere qu.alco-sa, .contentato cli assomigliare a un « ciottolo n, essere come lui « scabro ed essenziale n, « scheggia fuori del tempo», natura. E non è che un<< fa,n.– ciullo invecchia,to che non doveva pensare», o, p,ensando, non soffrire cosi il suo pensiero. Doveva, da uomo, pensare e domina-re, ayere « il BibliotecaGino Bianco

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