Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
242 P. MISOIA'l"l'ELLI, Studi senesi gio che si impersonò nel notissimo torso di Roma, l'ipotes~ documentata che possa ricollegarsi al nome di un mordace ,senese, vissuto esule a Roma durante l'assoggettamento di .Siena al Visconti. · La vita spensierata e pagana di Siena s'intravede di scorcio dal– l'esame dell'epistolario inedito di Lodovico Sergardi nello studio su Lo– dovioo Sergardi e la Roma del suo tempo, il quale, trasportandoci in mezzo alla Roma della fine del Seicento, ci aiuta a comprendere meglio di quello che non dicano le storie letterarie la formazione e lo scopo delle aspre satire di Quinto 1Settano, nate non tanto, come generalmente si crede, da.Ua maldicenza del prelato senese, quanto dal bisogno che egli sentì fortemente di riprendere, la corruzione dilagante con una sincerità cruda e violenta, come non era certo nelle abitudini del tempo . .Su que– sto scrittore, che·la critica non ha ancora po·sto nel suo giusto rilievo, il Misciattelli getta una luce simpatica, presentandolo nella sua attività di diplomatico e di organizzatore, che si dilettò di pittura, si mostrò inna– morato della scienza e soprattutto si professò libero e .insofferente di ogni ingiustizia. Ma Siena si palesa apertamente c-ivitas Veneris nelle pagine dedicate agli Aspetti della vita senese nel Settecento (curioso il « gioco della pu– gna», che ci riporta nelle sue manifestazioni esteriori alla donna del mondo medievale e cavalleresco) e alle bnpressio'Yllisenesi di viaggiatori stranieri, tutte improntate a calda simpatia per la bella e gioconda città. Ma tale a.spetto è ampiamente illustrato nel saggio La donna senese del Rinascimento, che è il più attraente del volume. Il Misciattelli po– teva riprodurre senza sforzo il quadro della civitas Veneris raccogliendo · gli el,ementi sparsi copiosamente nei novellieri senesi del Quattròcento e del Cinquecento; ma il qua.aro sarebbe riuscito piutt_osto caricato perché tutti i novellieri amano colorire troppo e senza varietà, ,e per giunta poco diverso da quello che potrebbero offrire coi loro racconti i novellieri fiorentini, dai quali i senesi differiscono in gran parte solo per l'impronta linguistica. Invece il Misciattelli si è valso del dialogo La bella creanza delle donne o La Raffaella di Alessandro Piccolomini, così tipico per Io spirito d'indifferenza morale che lo anima, per l'ipocrisia che si spande da ·ogni pagina, per la cruda sincerità con cui è dettato. La Raffaella è uno dei tanti dialoghi che il Cinquecento ci ha regalato sulla bellezza fisica e morale femminile; ma il Misciattelli lo ha studiato. col fine di co– gliere la donna nella intimità della casa e della società, seguirla nelle vanità dell'abbigliatura ~ della « portatura », sorprenderla nell'interno del suo cuore e nelle sue manifestazioni esteriori, che dovevano regolarsi sempre in modo da salvare l'apparenza. Corredando le sue osservazioni con passi tolti dalle prediche di San Bernardino e più spesso dal fa– moso romanzo di Enea .Silvio Piccolomini, il futuro Pio II, l' Historia cioè dei due amanti, il Misciattelli è riuscito a ricostruire un ritratto della donna senese colorito e vivace, nel quale, non troverai la donna sfac– ciatamente impudica dei novellieri, ma la donna che sotto l'aria di bontà diffusa nel volto cela i moti impetuosi del suo cuore avido di godere. Molti di questi elementi raccolti. dal Misciattelli gioverebbero a farci BibliotecaGino Bianco
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