Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
: Ricordo di Adolfo Gandiglio 229 nelle medesime ore il Carducci, era colma quasi s,emp-re.Ci venivano an- ' che giovani già laureati, e insegnanti di scuol,e medie, con la lor pagi- - - netta tradotta anche loro. Or eoco, alle quattro, i giorni d'inverno e bui ch'erano i più, n~l breve intervallo, veniva dentro l'uomo del gas, con una sua p,ertica, e aocèndeva i beoohi del lampadario centrale;· si senti– vano gli scoppi a uno a uno; e poi il lume ch'era pres,so la, cattedra. E su la. cattedra più luceva quella grossa testa nuda e rosea del Gandino, che pareva il rilievo sta0cato di un medaglione romano. Intanto, tra i ban('.hi, sottovoce, c'erano stati richiami e a,cco,rdi. Non rispondere al– l'appello -chi fosse chiamato a leggere, o per,ché assente r,ea,lmente o per– ché -assente dovesse finger.si non aveIJ,do la traduzione, era cosa spiace– vole: tem~ndo che poi il Gandino se ne rammentasse, o alla ;fine dell'anno per la, ;firma.,o alla, fine del triennio per l'esame. E cosi, chi era presente, ed erano presenti la più parte, ma non aveva il latino, e questi se non la più parte erano pa,recchi, cercava, accordi e prestiti_intorno· a sé. C'era, per esempio, il gruppo che dicevamo dei Ravenna,ti, di solito diligentis- 1 simo, ca,peggiafo dal Gandiglio; non perché tutti fossero di Ravenna, com'erano di Ravenna Sante Murator:i ed Enrico de M'ichelis, ma perché a Havenna a,vevano fatto il liceo, come il Gandiglio, ch'era piemontese, di Susa, o perché si erano legati di a,micizia con loro, come Vito Vitale, il mi0 Vito, storico nobilissimo anche se ignoto ai più, e qualche altro. - « Sante, me lo presti t11 il latin.o? )). - « È il latino di Adolfo: come si fa?)). - Il latino di Garnliglio non era prudente leggerlo come pro– prjo; e il perché lo dirò. C'erano i poeti e gH esteti, fra cui primeggia– vano Luigi Federzoni e Giuseppe Lipparini, solitamente diligentissimi anche loro; sebbene occupati e preoccupati un anno, mi pare il '97, da un giornale che avevano fondato, il Tesoro, il quale doveva gareggiare col Marzoccb, e Bologna doveva soppiantare Firenze, finché un bel giorno, dopo pochi numeri, i quattrini mancarono, e fu negra miseria, e il 'Tesoro mori. E io ricordo che proprio Luigi Federzoni una volta mi levò d'impaccio, allungandomi di sul banco, generos•amente, il latino suo. E c'era, solita,rio e scontròso, e tutto rosso di capelli ,e di volto, Luciano Vischi; e il savio é probo ,Albano Sorbelli; e il grosso e tozzo, con quell.a sua testa. che portava sempre piegata da uri lato, Floriano del Secolo; e tanti altri c'erano, amici miei e nostri amatissimi e tenerissimi, di vita già allora né lieta né quieta, più_ duramente offesi in séguito dalla fortuna, colpiti taluno da morte immatura, giovani di alto ingegno e.. di nobile cuore, scomparsi dalla vita anche se vivi, i quali mi è pena e pianto nominare, e nomino ,e ricordo solo dentro di me. E dunque il Gandino chiamava. Silenzio grande. Si udiva, nel cor– tile, quakhe blocco di neve :ehe cadeva dai tetti; si vedeva ancora, di là dalle finestre, nell'ombra muta, la ,sta.tua di Ercole appoggiato alla clava. Il chiamato leggeva. Ogni tanto un colpetto lieve di lapis battuto su la cattedm. Il lettore si fermava,. E il Gandino notava la espressione im– propria, o impura, o errata. F'inita quella lettura, e tutt'al più un'aJtm di un altro, sapevamo tutti chi il Gandino avrebbe invitato per ultimo: e il modo e le parole sapevamo, che erano le stesse ogni volta: -- « E ora, signor Gandiglio, a Lei>). -- E il Gandiglio Leggeva. Il maestro .taceva, attento: riconos,ceva il discepolo : e forse, proprio per codesto BiblioteèaGino Bianco
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