Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931
228 11.f. Valgi?~igli saggezza grande de-1 misurare il vuoto e il van°: della vi~a. al piacere concreto, anche se un poco egoisHco, della propria t1~anqmlhtà; consa– pevolezza sicura, che insomma ciò che vale è sempre il di dentro, quando c'è, e non il di fuori. A Fano, in quella sua piccola scuola, in quel suo lavoro senza affanno, egli aveva. trovata la sua pace; e sapeva che al– trove, anche in più alti luoghi, non ne avrebbe trovata altrettale e altrettanta. Del resto qualche esperienza aveva fatta: che se il naturale suo, placido e pigro, amava causare fastidi cui gli procurassero desideri da lui reputati vani, e per un minimo· di onor.e non si sarebbe tirato un passo più in là, e con quella sua cappa,rella e quel suo cappeHuccio tondo e quel suo faccione e quella sua grossa pipa avea pur l'aria di Belacqll2! che tuttavia dicesse ' L'andare in su che porta'; né fastidi can,sava né lotte né rischi qn.'.1,ndogli fosse ostacolato o impedito l'esercizio di quelli che reputava i suoi diritti e mas8'imamente i suoi doveri di i,nse:gnante ·: e una volta, conti·o non so qual tànghero di -pr,eside, - perché la ge– rarchia è una bellissima cosa., ma quando un preside è tànghero cala– mitoso ,è bene dirg·lielo e dimostrarglielo netto, - gli bisognò l'aiuto fermo e sollecito del suo m~stro Gandino Sie vo11e non gli capitassero g·uai peggiori. E fu proprio quell'episodio, credo, che più lo distolse daJ tentare esperienze ·nuove di nuove .sedi. E così a Fano, restò sempre; e quivi visse, in pla-cida vita, con la sua mamma e con,la sua sorella: Ma quando, pochi anni or sono, la siUa,mamma morì, me ne diede notizia con una lettera che mi f~e tremare: capii che la sua vita aveva avuto un. crollo rovinoso; che il mio Adolfo non avrebbe potuto r:i.dere più. Una delle prime volte, in quèl suo primo anno bolog,nese, ch'io mi trovai a lungo con lui, nel '96, ricordo esattamente ch'egli aveva seco e mi mostrò, e me ne indicò e sottolineò più luoghi, la Lyra R01nana, di Giovanni Pascoli, uscita allora. E ho ricordato più volte questo par– ticola-re, e la luce e _ilcalore di lui in quel giorno, man mano che vedevo delinearsi sempre più decì,sa quella sua inclinazione umanistica pasco– liana. ,I libri che danno maggiore frutto sono sempre segnatamente tra quelli. che si leggono a vent'anni. Quell'anno, a Bologna, maestro di grammatica latina e greca per nomina personaLe del ministro Codronchi, c'era, appunto Giovanni Pascoli; e a.ne lezioni sue, le poche che il Pa– scoli fece perché l'anno dopo andò a Mes sina, in quella diecina di scolari che le frequentarono, ci fu certapiente, più assiduo e meglio preparato cli tutti, il Gandiglio. Ma il m.aestro che' sopra tutti in quegli anni ebbe sul Gandigli? effic~ci~., singolarmente amato il maestro dal discepolo, umcamente diletto 11discepolo al maestro, fu senza dubbio G.-B. Gandino. Il Gandino faceva lezi.om ,e i giorni pari, dµe o.re ogni giorno, dalle tre alle cinque; la, sec onda or a del giovedì era l a più rdnomata e la più frequentata. Si traduceva in latino prosa italia,na class:i,ca: quegli anni mi~i e del Gandiglio si tradussero, mi ricordo, L'elogio degli uaaelli e Il Parini o della, gloria del Leopardi, e non so più che altro del Monti. Ognuno di' n?i dove!a portare a scuola, tràdotta in latino, la pagina che toccava; 11Gandmo aveva l'elenco degli- ,scolari, e invitava uno O due a,leggere la traduzione sua. L'aula, che era quella asini-stra cli chi entra all'università, la ni.edes,ima dove anche faceva lezione i giorni dispari e BibliotecaGino Bianco
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