Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
Aspetti di Padova 45 a nulla, e gira e gira, finché le bestie stramazzano nella polvere in un mucchio sanguinoso. Un grido altissimo della folla si perde in un nuovo tumulto di fanfare. Il sole, calando dietro la Loggia Amu– lea, tinge di porpora le vette dei platani e le cupole di Ranta Giu– stina; il resto, giù, è in ombra .... Adesso che ci penso, anche in questa città dei miei dieci anni è sempre estate, e fa sempre bel tempo. Il brutto tempo, alternato col bello, e il giro delle stagioni, \, ognuna con suo proprio volto e colore, li trovo all'altra tappa del ·i mio viaggio. E vi kovo anche la notte : non più abisso di sonno e di sogni, in cui l'anima fanciulla sprofonda quasi all'improvviso, ma paese esplorabile, abitabile e pieno di cose nuove . . Lo scenario è sempre quello: portici dietro portici, che vanno da una, piazza all'altra, dal Prato al Santo, dal Pedrocchi alla Sta– zione; f', fuori porta, i sobborghi, e i fiumi; e i colli, non più tanto lontani. Ma i miei occhi sono un'altra volta mutati; e tutto dunque è mutato, e profondamente diverso. Padova~ una città piccola (proprio ora che ha il tram elettrico, e apre, tra vecchie case e orti, il suo gran rettifilo); sente di chiuso e di stantio; le sue vie tetre trasudano accidia, le sue piazze sba– digliano al cielo un'inguaribile malinconia. Perché ora ho idéa di quel ch'è una grande città : ho visto Milano, di sfuggita; ho pas– sato qualche giorno a Venezia. E Venezia m'ha preso il cuore, per sempre; certi momenti a ricordarla., a pensarla così vicina, e a sentirmela negata, provo una pena, una nostalgia acuta, che ci piangerei. Questa vecchissima Padova ha la sua nobiltà e la sua bellezza, lo so. E so pure che in quella piccola chiesa dell'Arena, entro quel guscio di mattoni rosati, si contiene il più gran miracolo di pittura che ci sia al mondo. Giotto m'ha rivelato, al tempo stesso di Dante e di Leopardi, che paradiso possa diventare la povera vita d'un ragazzo povero se vi piova sù un raggio di poesia: la luce di verità che s'effonde dal profilo del Cristo. nel Bacio di Giuda, mi rapisce come il grido d'amore di Francesca, come gli occhi di Silvia, nei quali ho visto la morte stessa sorridere .... Ma le estati son così lente e grevi, di piombo fuso; e gl'inverni così freddi e lugubri e lunghi; e la gente che s'incontra per le vie e in quell'eterno Pedrocchi è sempre la stessa; e non succede mai nulla; e, insomma, questa casa, in cui da troppo tempo vivo, mi toglie il respiro. e sono impaziente di scapparne fuori, fosse a costo di lasciar la mamma, che, anche lei poveretta, non mi basta più. Quelle catene cli portici insonnoliti e sbandati ; quei palazzotti quadrati e arcigni che, quando schiudono il portone tinto di nero, lascian vedere, cli_là clàll'àndito bianco di calce, un cortile di poca 1blioteca Gino Bianco
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