Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

16 I.,. Pirandello eccoci qua!>>. E mi si misero tutt'e sei in fila davanti, coi volti pro– tesi. Pareva una scena di teatro, in quell'androne d'ospedale, sotto la lanterna rossa del pronto soccorso. Erano certi .d'aver da fare con un pazzo. Ormai non potevo più tirarmi indietro. « È l'epide– mia caso mai non sono io eh?». E per esser più .;;icuro, con~iunsi ' , ' ' . come al solito le due dita davanti alla bocca. Al soffio, tutt e sei, uno dopo l'altro s'alterarono in viso; tutt'e sei si piegarono sul ' d . l' busto; tutt'e sei si portarono una mano al petto, guardan osi un l'altro negli occhi infoscati. Poi uno dei questurini mi saltò ad– dosso, attanagliandomi il polso; ma sùbito si senti soffocare, mancar le gambe, mi cadde ai piedi come a implorarmi aiuto. Gli altri, chi vagellava, chi annaspava con le braccia, chi era restato con gli occhi sbarrati e la bocca aperta. Istintivamente, ,~ol braccio libero feci per parare il giovane medico che s'abbatteva su me; ma anche lui, come già Bernabò, mi respinse furiosamente, e tra.boccò a terra con un gran tonfo. Una frotta di gente, che a mano a mano di– ventava folla, s'era intanto raccolta davanti al portone. I curiosi, di fuori, spingevano, mentre gli sgomenti rinculavano dalla so– glia e pigiavano in mezzo gli ansiosi che volevano vedere che cosa stesse accadendo in quell'androne. Lo domandavano a me, rome a uno che lo dovesse sapere, forse perché il mio volto non N,pri– meva né la curiosità, né l'ansia, né lo sgomento che erano in loro. Ohe aspetto avessi, non potrei dirlo; mi sentivo in quel momento come uno sperduto d'improvviso assaltato da una muta di cani. Non vedevo altro scampo che nel mio gesto puerile. Dovevo aver . negli occhi un'espressione di paura e insieme di pietà per quei sei caduti e per tutti coloro che mi stavano intorno; fors'anche sor– ridevo dicendo a questo e a quello nel farmi largo : « Basta un soffio.... così.. .. cosi. ... ll; mentre da terra il giovane medico, te– stardo sino alla fine, gridava contorcendosi: « L'epiòemia ! L'epi– demia! ». Fu una fuga generale ; e io mi vidi ancora, per poro in mezzo a tutta quella gente che correva spaventata e all'impaz.zata, andare, io solo, a passo, ma come un ubriaco che parlasse tra sé, dolce e appenato ; finché mi trovai, non so come innanzi a uno ' ' specchio di bottega, sempre con quelle due dita davanti alla bocca e nell'atto di soffiare « .... così.. .. così.. .. », forse per dare una prova dell'innocenza di quell'atto, mostrando che, ecco, lo facevo an– che su me, nel solo modo che mi fosse possibile. M'intravidi pf'r un attimo appena in quello specchio, con occhi che io stesso non sapevo più come guardarmeli, così cavati dentro com'erano nella faccia da morto; poi, come se il vuoto m'avesse inghiottito, o colto una vertigine, non mi vidi più; toccai lo specchio, era lì, davanti a me, lo vedevo e io non c'ero: mi toccai, la testa, il busto, le braccia; mi sentivo sotto le mani il corpo, ma, non me lo vedevo più e neanche le mani con cui me lo toccavo; eppure non ero cieco; vedevo tutto, Biblioteca Gino Bianco

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