Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

6 F. Guicciardini « La stracchezza per le lunghe spese, la memoria de' pericoli non ci ritiene, che, appena uscitine, vogliamo entrare in nuova guerra, e siamo sì ciechi che ci vogliamo dare ad intendere che quella ragione che non ritiene noi abbia a ritenere [lui], che non procede da altro se non che ci mena più lo appetito che il giudizio; non è simile il caso alla impresa di Pisa, perché allora Italia era condi– zionata in modo che s'aveva certezza nessuno poterla soccorrere : afflitto lo stato de' Visconti; affogata la Chiesa romana; il regno di Napoli lacerato per la inubidienza de' Baroni; Veneziani lon– tanissimi a noi ed occupati allo acquisto di Padova. Avevamo con– venuto co' Genovesi e per il mezzo del Governatore loro comperato Pisa. Ora in Lombardia uno duca potente inimico nostro: ubbidi– scegli Genova la quale, e per sua natura, e per volontà del Duca, potrà soccorrere Lucca; il papa poco amico nostro; Senesi quello che allora soli non potettono, faranno forse ora accompagnati. « Oonfidiamci nella amicizia de' Veneziani i quali naturalmente ci sono pochi amici, e se forse per lo in.teresse loro non lascieranno che il Duca ci opprima, non aranno per male ci impedisca lo acqui– sto di Lucca: non piglieranno già l'arme per farci maggiori; non spenderanno per la grandezza nostra i loro danari, soliti loro a crescere co' nostri danari e farsi g·randi co' nostri aiuti ; e se aremo a ricercarli nella nostra difficoltà, sapete con che indegnità, con che dura condizione, con che disavvantaggi. La maggiore felicità, che abbiamo avuto nella guerra passata,, è che il duca non ha avuto adito facile in Toscana, non adito che ci percuota nelle viscere : i Senesi sono stati con noi, il Signore di Lucca non ci è stato contro; facciamo ora ogni cosa perché queste due città pari della città nostra gli sieno aperte, lo ricevino, lo chiamino; non ci ricordiamo quanto le controversie co'.Senesi furono perniziose nella guerra col Duca vecchio, perché col ricetto loro ci tiene sempre la guerra in casa; e da' conforti e speranze loro nacque il principio della guerra. ·«Nessuno è in Italia che abbia più desiderato questa ultima pace che noi, nessuno che l'abbia desiderata più ragionevolmente, perché eravamo stracchissimi dalle spese intollerabili; attenderemo a con" sumarci per fare grandi altri, e, senza speranza di alcuno nostro beneficio, ora, appena usciti di quella, non riposati ancora, ma ap– pena cominciati a ferma.rei, con vane speranze, con leggieri disegni, diamo principio a un'altra guerra: ritorniamo da noi .in quelle me– desime sp,ese e pericoli di che abbiamo tanto pregato lo onnipotente Dio che ci liberi. Ohe si dirà per tutta Italia se non che siamo ambiziosi, inquieti : che non siamo buoni né a fare la guerra né a conservare la pace? Ohe diranno i Veneziani i quali quasi per forza inducemmo al fare la pace, predicando, esclamando la nostra po– vertà, le nostre miserie ? BibliotecaGino Bianco

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