Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

126 H. KESTEN, Joseph sucht die Freiheit ecc. più candido del suo eroe e perehé vuole gli si dia per isc~itto che no~ Ila la sensibilità d'una sartina. Nel suò ultimo romanzo 11 protagomsta, durante l'intervallo di una brutta film sentimentale, investe la ragazza.– sconosciuta che gli siede accanto con queste parole: « Come osa pian– gere per una banalità di questo genere?>>. Però se ne in,n8JIDoraperdu– tamente. Così non v'è ironia che impedisca all'autore di vedere e di rendere il dramma di questo tredicemie bruttato. Logico che, dopo quanto è ac– caduto, Joseph veda nella famiglia l'inferno, nella fuga la salvezza, nell'assenza d'ogni vincolo una delle forme di quella libertà ch'egli va ansiosamente cercando ,senza saper precisamente che cosa sia. Ed è qui che lo riaccalappia sogghignando lo scrittore: alle tempeste che scatena quella sua fiduciosa semina di vento. Per non perder la libertà, - di cui il mensile paterno gli dà l'illusione, - per non doversi legare e un po' anche per il ricordo di quella sua prima e disastrosa rivela– ,,,ione del mondo sessuale, Joseph non osa far sua Lilli, l'amata che lo riama, ma che a sua volta è inçeppata da un esagerato concetto della propria verginità. Il risultato di queste due virtù combinate è che il padre di J oseph, inca,ricato di persuader la ragazza alla rinuncia, seduce l'inesperta mentre, durante l'ansiosa attesa, Joseph è recalcitrando ini- , ziato agli orgasmi della, carne dall'anzianotta amante del padre. Lilli, la Diana, si salva dalla prostituzione suicidandosi; Joseph, per la, fa– mosa libertà, perde il pacire e la creaturà amata. Potremmo fermarci qui perché questo è il fulcro di Em a,usschwei– fender Mensch, del secondo ròmanzo di quella che avrebbe dovuto essere la trilogia de La vita di uno sciocco. Che la sua cara libertà -porti il nostro «sciocco» in prigione, che per riconquistarla rischi d'esser per un momento creduto l'efebo di un milionariÒ pervertito e il magnaccia della sorella Luisa che impreveduta,mente ritrova fidanzata a costui, che possa acquistar la sospirata libertà con un'appropriazione indebita e tradurla politicamente in anàréhia e diserzione, son tutte cose che non aggiungon nulla all'assunto primitivo e che, se mai, dimostrano l'in– guaribile tendenza dei tedeschi a uscir di misura. Dalla quale del resto Kesten esorbita, ne' suoi primi due romanzi e nelle novelle della Lie: besehe, non solo per sfren,atezza di fanta,sia, ma per una pericolosa; quasi ciarlatanesca facilità, anzi incontinenza di parola che assai spes,so rimbalza sulle cose invece d'esprimerle. , Quello. che viceversa in Joseph ·Bar, in quest'uomo, ecoessivo, s'esprime benissimo e risulta malgrado i travestimenti novecenteschi è, come fuggevolmente ha rilevato Heinrich Mann, l'antica figura tedesca del « buono a nulla». Come il romantico personaggio di Eichendorff, que– sto di Kesten è di professione vivente. Se a quello, venuto al mondo in– torno al 1830, « si slogan le membra per via di quel suo eterno far niente», questi, pur dandosi tanto da fare ìn un ambiente d'approssima– tivo anteguerra, è a,nche lui un disoccupato. Tagliati entrambi, mal– grado le apparenze, nella stessa stoffa romantica e tedesca degli SchwiiJr– mer, l'unica loro differenza sta nel fatto che il buono a nulla di Eichen– dorfi' non cerca nulia e trova tutto e che lo sciocco di Kesten cerca una libertà çhe non trova forse perché, come .aimmonisce Lenin nel motto del BibliotecaGino Bianco

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