Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
A. MARPICATI, La ooda di .Minosse 121 tetre_ malinconie : un forte reagente che mette a nudo il suo animo, fa– cendogli pronunciar giudizi ostili alla giustizia militare, e dandogli una coscienza acutamente dolorosa del suo stato. A parte cotesti giu– dizi, che poi non ,sono gran che eccessivi, e comunque sono corretti dalla convinzione della ferrea necessità della disciplina, qm~l che soprattutto c'importa è seguire le spontanee reazioni che a contatto con cotesto am– biente, e di fronte ai suoi aspetti più crudi, ,si formano nell'animo del giovine. Reazioni spontanee e immediate: che si traducono in un'acuta– sofferenza morale; e si vedano specialmente le pagine ove, con rapidi tocchi, è descritta la lurida vita -del carcere, con la scena,, nel quarto capitolo, dei detenuti insultanti un reggimento che passa vicino al car– cere; e· soprattutto, la scena,, nel capitolo successivo, della fucilazioner d'un realismo acre, doloroso, sin troppo insistito. Il Marpicati descrive spesso con sobrietà; a voite i suoi tocchi pae– sistici sono un po' grevi, dai colori un po' <"rudi, ma non mancano più. intonate e fuse notazioni, a esempio il paesaggio lunare sul Val Ka– menga, nelle prime pagine, certi_ rapidi tratti descrittivi dell'Isonzo e altri aspetti naturali, che basta un aggettivo felice a far vivi e veri. Né vanno dimenticate le fresche pagine dell'idillio con Mariù, d'un na– turalismo diretto, sugoso. Ma sopra,ttutto si guardino, le poche pa– gine (83-87) sul reclusorio; colla tristezza di quei canti di soldati, la pesa malinconia di quel carcere. Sono molto belle. E se il capitolo della fucilazione ha un rilievo sin troppo inciso, una crudezza di particolari qua e là esasperata, e turba profondamente, come effetto più immediato e sobrio son forse da preferire le poche notazioni del « Commentario della ritirata di Caporetto ii che chiude il volume: quelle appunto (pp. 221-228) ove è appena &ccennata un'altra fucilazione, e il senso angoscioso di quel principio d'ammutinamento della truppa, al buio, è reso _con sin– golare efficacia. Dicevo in principio dell'autonomia del personaggio .... Questo giovine ufficiale italiano, valoroso; non retorico, sdegnoso ma umano, capace di commuoversi e, di fronte al dovere, d'esser duro, ma senza crudeltà, ansioso d'affermarsi ma senza orgogli ed egotismi (sebbene vagheggi JuHen ,Sorel e abbia•« Le rouge et le noir ii come livre de chevet) inter– preta con esattezza quello che fu un nostro modo d'essere, di sentire e di volere, nella guerra. Il Marpicati, anche se non ce ne ha data analiticamente tutta la vitalità interiore, e non ha oercato- di ap– profondirlo come si poteva, -è riuscito a costruircelo con suffici,ente evidenza; oltrepassando in più punti il dato documentario e l'autohio– grafia. Che è la via maestra del romanziere, come ci permettiamo d'in– tenderla. G. TITrA RosA. G. G. BEJLLI, Sonetti. Prefazione e note di GIORGIO VìGOLo. Due volumi. - Formìggini, Roma, 1931. _L. 20. « V'erano tutti gli uomini di Trastevere, nei quali il vecchio sangue latino è trapassato senza alterazioni d'innesti .spuri; uomirti ignoran– tissimi di tutto quello che sta oltre la cerchia romana, e che credon che il Tevere vada in Francia e in Inghilterra e in America e in tutto il bUotecaGino Bianco
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