Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931
110 G. PERROTT.A., I Tragiof greoi eoo. di Euripide: dove la, tecnica non è intesa come forma, espressiva,, unica di volta in volta e di volta in volta identificata- e identificabile colf l'arte del poeta; ~ nemmeno come .mezzo esterno per se medesimo, che sarebbe il male minore; bensì, con una contraddizione nei termini, come un meccanismo poetico, il guale, considerato in serie p-erfettibile e pro·– gressiva non può non produrre, necessa-riamente, giudizi di valore la– terali e ~anchevoli, o sbagliati del tutto. E c'è, novissimo ed eruditis– simo il furore dei cacciatori e ricercatori di Realien. Dice il Perrotta : ' . << Bisogna diffidare dei tanti che, incapaci d'intendere la, figura poetica di Deianira, ripetono ad ogni momento, ' Questo è greco ', ' Questo è comune alla civiltà del V secolo '; e tirano in campo gli usi e i costumi, la vita sociale e il diritto attico; e magari, per spiegare la gelosia tardiva di Deianira, citano trionfalmente la legge attica che permetteva alla moglie di non sopportare in casa la concubina,, del marito. A questo modo, Deianira, che è una creatura poetica, cioè un carattere, un'individua.Utà, diventa un tipo generico, ,senz'anima e senza poesia. Questi sono errori del filologismo: la poesia non si spiega con, i Realien ». E dice bene. A questi modi e metodi e pregiudizi io accennai in questa s:tessa rivista due anni sono recensendo un libro su Eschilo; più direttamente reagii, poco tempo prima, nelle mie Coefore: osservando, come pareva ed ,è qvvio, che un primitivismo tecnico_può contenere tanta ricchezza di poesia, quanta povertà viceversa può mascherare una, tecnica più avan– zata;; e che il coro, i due o tre attori ecc. ecc., non sono impaccio ma limite; come non sono impaccio al poeta italiano, ma limite, i quattor– dici versi del sonetto, o gli obbligati ritorni delle rime; né a,l pittore la parete o la tela, né a.no scultore il marmo o il legno ; e insomma i definiti spazi e le _mi sur,e e il materiale e gli ostacoli su cui operano tutti quanti: perché il limite, in caso di compiuta aderenza e di creazione perfetta, non rimane più esterno, ma diviene esso stesso elemento fanta– stico e forma espressiva, e impronta e segno di stile. E quando il Per– rotta afferma che la poesia della Orestèa non è né inferiore né superiore alla poesia delle tragedie di Eschilo precedenti, ma sqlo diversa; e che certa superiorità tecnica di codesta Orestèa ha contribuito, ,se mai, a farne meno sensibile e meno pregevole la intelligenza poetica ; egli afferma cosn, meditata con verità. E io sono particola,rmenté lieto di aver trovato in questo giovane filologo un consenso cosi autorevole: dico ;n questo giovane filologo che non è certo sospetto di scarsa filologia; tanto sicura e ferma e .severa è la prepar~ione erudita che egli dimostrò sempre nei ,suoi studi, e che anche in questi dimostra senza dubbio veruno. Dunque, premesse ottime: anche là dove egli discute uno dei problemi capitali nella storia del teatro greco. Solo che qui io lo avrei desiderato più coraggioso, 'più libero e sciolto dai modi e-usi consm.eti onde son nate sui tre poeti tante historiae philoso-ph-icae e non poetiche; più spregiu– dicato l'avrei voluto, come egli è di fatto quasi sempre. Ohe cosa pensavano della, vita Eschilo .Sofocle ed Euripide; quaJi erano i loro ,sentimenti religiosi e le loro dottrine morali; da qua,Ii forze, cieche o veggenti, improvvise o perenni, casuali o volute, repu– tavano governate le vicende degli uomini e della natura ? Tutto codesto BibliotecaGino Bianco
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