Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

G. GENTILE, La Filosofia dell'Arte 109 sale, sopracoscienza generatrice d'ogni coscienza, è anche fonte e mo– dello dell'arte, appunto in quanto l'arte, per un privilegio la cui natura arcana sfugge alla scienza e alla coscienza umana, eomprese quelle del– l'artista, deriva da essa il suo attributo essenziale: il perfetto, l'asso– luto, l'eterno. ANTONIO BRUEJRS .. GENNARO PERROTTA, I Tragiai greci. - Laterza, Bari, 1931. L. 16. SOFOCLE, Le dorvne di Trachis. Traduzione e due saggi critici, a cura di Gennaro Perrotta. - Lil/terza, Bari, 1931. L. 16. Se questi due libri non avessero altro merito che di essere condotti su p!l'emesse ottime, per ciò solo sarebbero degni di lode singolare. Vecchi pregiudizi che tuttavia ingombrano e o.scurano la intelligenza della poesia, antica, che massimamente su la storia della tragedia greca hanno creato e recato gli equivoci più nocivi e le deviazioni più peri– colose, qui sono _combattuti o eliminati senz'altro. Basta pensare, per esempio, alla discriminazione non sufficiente, o addirittura alla confu– sione grossolana,• fra tecnica e poesia. Ammesso che la tragedia deve essere essenzialmente dialogo e azione; costruita su tal presupposto, fuori di ogni termine reale, storico e cronologico, la tragedia, tipo; com– parate quindi via via con cpdesto tipò l!;ltragedie esistenti : il giudizio di valore era per ognuna già formulato e pronto; e tragedie come 1e Supplici e i Persiani di Eschilo venivano a cadere in secondo ordine di fronte ad altre dello stesso poeta e di poeti posteriori. C'era, di conseguenza, la questione degli a.ttori: con due soltanto le possibilità di sviluppo, nel dialogo nell'azione nell'intreccio, erano minori ass-ai che con tre; e se, in certa scena, un personaggio tace, vuol dire che chi aveva assunta in quel momento la parte di quel personaggio, non entrava. nel numero dei due o tre attori parlanti, era una comparsa, una per– sona muta, e parlare non poteva. Cosi nelle Trachvnie, ai vv. 307 sgg. il silenzio di Iole. Dice il Perrotta: « I filologi credono di poter spie– gare con le solite ragioni tecniche il ,silenzio di Iole. Sulla scena sono già tre persone : Deianira, Lica, il Trachinio ; Iole, il quarto perso– naggio, non può .parlare. Cosi il silenzio di Iole, nel quale ogni lettore ingenuo di poesia riconosce l'arte sottile e profonda di Sofocle, non significherebbe più nulla; sarebbe un difetto, dovuto a ragioni tecni– che>>.E poi c'era la questione del coro: il coro è lirica non è dialogo, è canto non è afilone; e, naturalmente, più la tragedia diviene tragedia, cioè dialogo e azione, più il coro tende a decrescere, a ritirarsi e a, iso– larsi. Su questi schemi ,si tesseva e si svolgeva la storia della tragedia, nella triade famosissima, Eschilo .Sofocle Euripide: immaginata in linee di progresso e di, regresso, in punti di perfezione e di sosta; rappre– sentata in sentenze apodittiche che da Aristotele giungono fino a noi: e intanto la poesia di questa tragedia o di quella restava impenetrabile, sigillata e cl).iusa. È di ieri un libro ,su l'arte e l'art:wìzio del teatro ateniese pur non privo di interesse nella fallacia medesima delle con– clusioni; sono di ieri e di oggi libri su la tecnica di Sofocle, di Eschilo, BibliotecaGinò Bianco

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