Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

108 G. GENTILE, La Filosofia dell'Arte Ora l'a-utooosoienza infirnita del Gentile esprime davvero questa realtà divina che si riflette nell'arte? Non cr,edo, a meno che egli non sot– tragga questa a,utocosoienza infin,ita allai sfera del~'universo,. cioè ~ell'~m– ma.nente ché altrimenti non si potrebbe parlare d1 autocosmenza infirnita ma indefinita, distinzione fondamentale, la quale porta seco_il f~tto che soltanto l'autoco scienza infiuita i può dirsi etenba, fonte m:1.steriosa so– printelligibile e soprannatura.le di quell'ineffabile virtù che distingue l'airte nelle sue supreme manife stazioni: la perfezione e l'eternità. Vero ,è che l'arte esprime« l'autocoscienza dentro la quale si svolgono tutti i draimmi, si celebrano tutte le vittorie, si realizzai il regno dello spirito», ma altrettanto vero è che questa autocoscienza non è quella divinai, considerata, nella sna, espressione assoluta, ma quella, relativa, dell'universo e dell'uomo, perché non è concepibile un Dio che, conside– rato• come, tale, cioè nella sommità della sua perfezione, sia sottoposto alle alternative dei draimmi, dei combattimeati, delle vittorie. Solo chi concepisce Dio intrinseco a.Ua naitura, ,si, ma anche esente dalle opposizioni e dai contrasti di essa, può spiegare il più alto segreto dell'àrte: quello di far dimenticare e in oerto modo annullare, nell'atto stesso di esprimerli, il male, il dolore, la morte. ((L'immanenza e la trascendenza non, sono un sì e un no, come pa~e le ritengai il Croce e insieme con lui i teologi ortodossi del cattolici.smo. La sintesi è nell'im– manenza». Cosi il Gentile, ed egli ha ragione quando afferma che <( non sono un, si ~ un no», ha torto quando afferma che (< la sintesi è nell'im– manenza». La sintesi è nella trascendenza. R evidente eh(>: il riflesso di questa straordinaria potenza dell'arte non può provenire se non dai una fonte nella quale il male, il dolore, 1a morte e tutte le alternative dei contrari non esistono. E questa assoluta esenzione non può essere concepita se non in un Dio che trascenda, tutta la creazione, anche il pensiero, anche l'arte. Degno di rilievo è il fatto che Gentile, mentre con tanta ragione e con tanta profondità ha insistito sul concetto dell'arte non come espres– sione del sentimento e della vita, ma come il sentimento e la vita stessa; non abbia, acleguàtamente messo in luce l'analogo pensiero• di Gioberti (teoria della metessi) e di Sr,hopenhauer (arte come rivelatrice della cosa in sé, cioè della volontà e non della rappresentazione), e ciò indipenden– temente dalle diverse premesse e conclusioni generali dei due sistemi. · Particolarmente degno d'attenzione il riferimento ai Gioberti (del quale GentHe riferisce il pensiero per un 'altro aspetto del problema este– tico) perché, proprio l'opera di Gioberti serve a mettere in evidenza il punto che abbiamo or ora esposto, in quanto, se nelle teorie giobertiane della mimesi e ùella metessi troviamo contemplato e avvalorato l'idea– lismo immanentista di Hegel, ripreso e perfezionato poi dal Gentile, tro– viamo anche costantemente affermato un terzo ordine della realtà l'or– dine sovrametessico, cioè la divinità concepita al di ,sopra del di~enire umano e universale. Questa divinità, simultaneamente concepitai, per una potenza che trascende l'umano intelletto, intrinseca ed estrinseca ail mondo, produt– trice immobile d'ogni moto, imscitatrice immutabile del divenire univer- BibliotecaGino Bianco

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