Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

L'ultima poesia di Arturo Onofri 101 sforzo al di là del movimento iniziale delle quartine, come se poi un naturale attrito divenisse invincibile. Ogni poeta si modella in sue forme. Non v'è un perché l'Onofri debba modellarsi in sonetti. Si ca- - pisce che eserciti attrazione su lui la struttura intellettuale suprema di quel componimento, la sua intrinseca logica; ma sovente essa in– ganna in lui l'ariosità del lirico. Questa ha bisogno d'altre forme, che egli stesso si è create ed ha pr,edilette : non più nel mondo accidentato dei V(lrsi liberi: ma in compagini d'endecasillabi sciolti, regolati e nu– merati dall'estendersi del respiro musicale, sino all'esaurimento di una melodia <ihe sembra infinita; ovvero in quella caratteristica strofa, ono- - friana, non bella in se' stessa, dove due versi brevi, rimati, chiudono in concisa cad(lnza la quartina partita a conquista con ampio anelito. In questi due versicoli, di solito, il pensiero assume un'energia perentoria. Ogni dubbio dell'anima è stroncato a festa. Le meraviglie di Onofri sono però nelle grandi orchestrazioni d'en– decasillabi, dove in germinazioni d'immagini e volut~ di musiche egli può propagare l'elasticità del suo spirito affaccendato dalla incessante metamorfosi di ritmi celesti in ritmi umani e di cose terrene in mondi lucenti. In questo scambio indefesso, costante, espugnato con ascetico eroi– smo, fra le parti e il tutto, fra, le molecole di materia greve e gli spazi superni, è tutto il nucleo centrale della poesia onofriana del periodo ultimo : e, .per quanto egli ne moltiplichi le espressioni, si deve ricono– scere che il nucleo è semplice. Esso tende a ridurre il tutto all'uno: e da ciò il coercitivo ripetersi del poeta, se pure in sempre nuovi slanci d'entusiasmo e d'ispirazione. E anche in Zolla ritorna cosmo, talora, su quel motivo sempre, versi da grande: Spinta di fioriture presagite commuove il suolo giovane e vetusto che spira erbe novizie e foglie nate solo in disegni d'aria accesa, e in ori già fidanzati al brio delle imminenti verdure, che desiderano il sole. Pari alla spinta dei macigni, oppressi di planetaria mole : urge nel petto un movimento angelico di suoni che invocano parole dalla vita. O raggio dell'alata anima, canta la massima speranza, onde si trama la voluttà degli angeli nel gorgo del tuo sangue terrestre! Dalle stelle spinge un fremito intenso entro il tuo seno come un volersi in te, come il tuo stesso equilibrio, onde muovi a passi umani. E la terra, che origlia i tuoi talloni, rabbrividisce di memorie antiche, come se in lei trasumanasse il polso che batte nel tuo petto e, in esso, il suono di una parola angelica svegliasse in armonia di musica lo slancio che risolleva a fioriture nuove la mole antica del suo muto peso. "bliotecaGino Bianco

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