Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

i ANTONIO MANOINI PITTORE. RICORDI. Molti anni fa, quando io frequentavo l'Istituto di belle arti di Piacenza, la prima volta che andai a Milano, capitai a visitare un'esposizione d'arte, dove vidi un quadro di Mancini. iMi fece un effetto enorme. - Tornato alla mia scuola raccontai la mia impressione al profes– sore di pittura, ch'era Stefano Bruzzi, noto animalista e paesista del gruppo toscano; ma piacentino di nascita. Egli, ch'era buon pittore e insegnante ottimo, quando gli rac– contai la meraviglia provata davanti al quadro di un certo 1 Man– cini, con la lentezza di pronunzia che gli era abituale, rispose bonariamente: - Mancini non è un certo: è tutt'altro che un certo; secondo me, anzi, è il ,più grande pittore italiano. Badi, dico pittore, non dico artista. - Qualche anno dopo, dalla provincia io· arrivai alla capitale e tra le prime persone che conobbi alla trattoria, da me frequentata, fu appunto Antonio Mancini, <J.i cui serbavo nella memoria la defi– nizione di Stefano Bruzzi. Mancini però, in compagnia di parecchie persone, diventava stranamente timido ed evitava in tutti i modi di palesare i suoi sentimenti e di dare giudizi sulle opere d'arte, sebbene i giovani glieli chiedessero continuamente. Per giunta Mancini non era un parlatore; parlava a scatti, a frasi staccate; parlava ad esclamazioni e ad interrogazioni, inter– calate spesso e volentieri dal « vous comprenez?)) in francese; lin– gua èb.e formava il più tenace residuo dei suoi ricordi giovanili di Parigi. Dalle sue conversazioni però potei facilmente dedurre le· sue opinioni principali sull'arte. Mancini, per esempio, non era un ammiratore dell'Impressionismo francese, né condivideva natural– mente l'adorazione che gli artisti di quel tempo tributavano ai massimi rappresentanti di quella scuola. Una volta mi disse: - Sapete, se voi andate a Parigi, vi riem– piono la testa dell'arte francese in modo che voi non capite più BibliotecaGino Bianco

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