Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
Note sulla musica di ieri e di oggi 705 variazione sullo stesso tema. I giovani desiderano soltanto di a,g– giungere la loro variazione al solito tema e se non mutassero di metodo le scuole di canto, « la melodia>> sgorgherebbe anche più monotona dalle sorgenti che minacciano di inaridire, come sono inaridite quelle del più elementare buon senso musicale. Ohe cosa sono le scuole di canto oggi? In un'epoca meccanica come la nostra era logico che si inventassero « le valvole dell'espres– sione» che si aprono, secondo le esigenze del libretto : c',è il tre– molo, la nota, filata, l'urlo, la risata ironica o gioiosa, e il tutto si accompagJ!a con una mimica che completa l'attore-cantante; e non importa se questo processo di valorizzazione canora si compie a scapito dell'autore, ché il tremolo, le note filate, gli urli e le risate ironiche, sarcastiche o gioiose lo rendono irriconoscibile. L'effetto è garantito e anche se Brunhilde o .Sigfrido si trasformano in tante Mimi e Rodolfi, e Boris diventa mefistofelico, non si deve farne caso: i morti non parlano e i vivi viaggiano in automobile. Generalizzato e adottato il cantante-tipo col relativo modo di cantare, viene di conseguenza il modo di scrivere dei giovani com - positori, che con la loro docilità ed eccessiva economia di mezzi seminano la noia, e la noia si comunica anche al pubblico il quale sempre più si disinteressa dalla musica contemporanea, e se anc6ra non rinunzia alla musica di autori celebri e possibilmente defunti, egli è che gli abbonamenti ai concerti, alla poltrona o al palco costi– tuiscono tuttora, un mezzo per stabilire il grado sociale di una certa classe di cittadini. La realtà non si può deformare, nemmeno lasciandosi trasci– nare dal più roseo ottimismo, e se oggi esistono degli scrittori che si occupano di estetica musicale e se anche i filosofi viventi non disdegnano le discussioni sull'arte dei suoni, il pensiero rimane ste– rile, ché la vita musicale attraversa ora una delle crisi più perico– lose. Certe idee sull'evoluzione musicale si possono paragonare a ottime sementi conservate fra la bambagia entro vasi d'oro: una zolla di terra, ma fertile, darà più frutti di tutti i vasi d'oro di questo mondo. Se esistono degli scrittori e pensatori che, come si è detto, si occupano di estetica musicale (letta, è vero, e compresa da pochi), perché la critica che si rivolge al gran pubblico si limita a contare il numero delle chiamate, a proclamare che con le nove sinfonie di Beethoven la razza dei sinfonisti si è estinta, e cosi quella degli «operisti» col melodramma ottocentesco? Non v'è dubbio, la cri– tica riesce a far prodigi nell'interprétare il significato, oltre che il numero delle «chiamate», e nel distinguere persino gli applausi diretti agli esecutori da quelli che spettano all'autore, ma un po' più 45. - Pèqaso. BibliotecaGino Bianco
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