Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

Classicismo critico di Renato Serra 693 riprova evidente di questa volontariai restrizione. Tutti sanno come, dopo le disordinate letture e gli assaggi disparati della prima gio– vinezza mettesse da parte positivismo e sociologia per attingere dalle correnti :filosofi.cherecentissime quasi unicamente ciò che po– teva riguardare la sua specifica professione, fino a compiere quel suo ritorno al Carducci con cui egli stesso ha voluto segnare un punto fermo nelle sue peregrinazioni. Allora non gli parve eccessivo calcare particolarità perfino esteriori, dall'isolamento provinciale al mestiere di bibliotecario, dalla simpatia per certi scrittori anche secondari che respirarono nel clima carducciano alla passione quasi tattile per le belle edizioni e i dorsi rigidi dei nuovi volumi. Spirito aperto a tutti i richiami dell'arte moderna, tra i primissimi anzi ad occuparsi con serietà di taluni poeti e romanzieri contemporanei, accenna con insistente predilezione al gruppo esiguo ed eletto dei suoi veri autori, ai classici di Teubner ams,ti d'amore chiaro e de– finitivo. Ed ecco il suo classicismo. Alcune parole, assai note, scritte nel saggio sul Pascoli, col tono consueto di chi vT~oltracciare soltanto qualche linea provvisoria e :finisce con lo scavare in esse tutto il suo impegno, possono servire a definirlo: << •••• a noi ora non tocca cercare che cosa sia [la religione delle lettere] e se consiste più pro– priamente nel culto dell'arte della parola o nel rispetto delle tra– dizioni; se abbia più d'entusiasmo ingenuo, di venerazione per tutte le belle grandi cose che sono state dette o di sottilità squi~ita e un poco scettica; se sia meglio un abito di eleganza e quasi buona edu– cazione dello spirito, o una temperanza di saggezza pacata e di in– nocenti manìe e dulcia vitia; o non forse un poco tutte queste cose insieme ed altre anc6ra, coltivate '!On alcun senso di dolcezza epi– curea)). Non pare che ci sia molto da aggiungere per applicare queste parole a lui stesso, al suo modo di accogliere la poesia e la vita. Si potrebbe magari ricordare, ma è già sottintesa, la sua pas– sione per l'Italia, « questa cosa onesta)), passione schiva e paeata, come comportava il suo temperamento, sebbene assai più intima e concreta di quanto sia potuto apparire, per certi suoi stessi atteg· giamenti, alla vigilia e durante la guerra. Appunto il suo classi– cismo, come ha insistentemente ripetuto, è quello derivato dalla più autentica tradizione italiana, risalendo dal Carducci al :filone centrale del Rinar;cimento, con l'accettazione completa degli scrit– tori approvati dal gusto dei secoli, siano pure essi linguaioli o ac· cademici. Pensate a uno dei suoi scritti più significativi al riguardo, quello per il catalogo laterziano : « Se non vi piace, cercate altrove; nessuno vi obbliga a restare in Italia. Ma se ci volete restare biso– gna seguitare l'usanza del paese>>- A questo classicismo, che più accorto e sincero nel portar ri– spetto a.ne « usanze del paese» sarebbe difficile concepire, è stata BibliotecaGino Bianco

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