Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
690 JI}. De Michelis Poi subito sorrise all'altro per mostra.rsi padrollla di sé. Eugenio sentì il sangue salirgli ~Ila testa riconoscendo nelle parole della sorella le proprie, ma fatte più gravi dalla circostanza diversa in cui gli erruno dette, una, collera sor-da lo agitava tutto. Capì che sarebbe stato infantile Ullllitigio su quel tono in faccia ad estrrunei, uscì nel corridoio senza dire parola. A casa li aspettavano gli abbracci fa.miliari; ma sì Eugenio che Tilde rimaneva-no senza festa nella festa di tutti. Disse la mamma, qurundo furono loro tre soli e gli altri erano alllda,ti a, letto : - 'Tilde, Eugooio, che cosa è successo ? - Niente, - rispose Eug,enio guardando ,da un'altra parte. Ma poiché Tilde questa volta sapeva che almeno l'apparenza del torto ce l'aveva lei, incominciò a spieg ·a.re le cose di più lollltano : la solitudine in cui era lasciata, il ma. lo m odo com'era trattata, e che ella dopo tutto gli teneva, in or dine la casa, gli fa<;,evada malll– giare, e che non era una serva: Ulllprofluvio di parole amare, quante ella, stessa non credeva di averne accumulate nel lungo silenzio. Eugenio si sentiva tutto tremare, lllOnriusciva a dominarsi. - Va bene. Questo vuol dire che d'ora i111nanzi abitere'mo ognuno per nostr•o conto. Per me c'è la trattoria, io ho sempre mamgiato prima che tu venissi. Nolllpiù le membra gli tremavano ma soltanto il labbro inferiore, gli sbattevwno le palpebre; ebhe la strana sensazione che restando li un altro poco si sarebbe messo a piam.gere. · Andò nella camera che gli 'era preparata, si gettò sul letto. Non più disposizione al pianto, che sarebbe stato davvero inadeguato al litigio, ma una collera, fredda, senza impeto, sffil.za dolore; come se la pensasse ma senza sentirla,, come se a poc•o a p oco non gli appartenesse più. ' Strano quel tremare del labbro, quello sbattere delle palpebre· che l'aveva sorpreso senza che llleppure lontarn,amente pensasse alla, possibilità di pirunger,e: un fenomelllo fisico a cui l'anima non aveva partecipato. Cautamente ricercò nella memoria i pensieri che aveva avuto in quel punto, per ritentare la prova; altri ne aggiulllse più intimi e tristi che avr,ebbero potuto faciiita.rla. - Se ne vada,; la verità è che· non mi vuol ben,e. Io le ho cercato, il posto, ho lasciato le mie abitudini soltanto per lei. Te llle vuoi andare? Va' pure. Ero solo, tornerò solo; nessUlllo mi vuol bene. Chi già amo mi lascia, chi tento di amare non so.. Formulava in sé questi poosieri, a uno a uno, come se un altro· glieli dicesse per compatirlo; e non cessa.va di sorvegliarsi; e aiutava, l'effetto dei penosi pensieri muov endo volu tamente i muscoli della faccia. Ecco, a poco a poco quel movime1nto si ripeteva ,dJa sé, iJ. labbro tremava, le palpebre ricominciavano a sbattere. BibliotecaGino Bianco
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