Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
688 E. De Michelis Vivevano insieme da pochi mesi pe~hé soltam.to da ottobre t'ilde aveva ottenuto a Venezia, dov'egli era impiegato, una suprptenza di scuola media; un piccolo quartierino ammobiliato bastavt per tutt'e due ed ella, dopo scuola, riusciva a tenerlo in ordine •dand_? 1 a sé e al fratello l'illusione della casa. Eugenio aveva moltol des.1- derato questa uni01I1e,egli stesso si era adoperato per ottenirle il posto; ma ora né l'uno né l'·altra er3Jllo contenti della vita m co– mune e il non poter confessarlo accresceva la loro scontentezza. Egli ne aveva avuto una costrizione alla sua libertà di am.dare e venire, pur deonoscendo che ella non gli chiedeva mai di ,accompa– gnarla da nessuna parte, runziappunto per questo; ella l'aveva tro– vato chiuso a dare o a ricevere confidenza e sentiva di essere inu– tile aUa sua felicità 1I1onmeno che· alla pr-opria. Tilde aveva ventotto am.ni , l'età quando urna ragazza è atterrita di sentirsi invecchiare. Nei pri mi tempi s'era data com.ardore al suo c6mpito di insegnamte mettendovi il me·glio di sé, il bisogno di amare, il bisogno di essere ·amata; e pur sapendo che ciò lllO!ll era tutto quanto ella aveva il diritto di aspettarsi d!alla vita, veramente lllOn desiderava di più. ,Ma, quel ripetere sempre le medesime oose a poco a poco le aveva tolto di vederle belle; e poi ogni ~nno le sco– lare se ne anda-vam.o,ella le perdeva di vista appena incominciava ad amarle; e non le riusciva di a.ffiezionarsi alle nuove sapen<lloche alla fine a lei IIlOIIl ne sarebbe rimasto niente. Adesso insegnll,va come avrebbe fatto un altro mestiere, restandole dell'entusìasmo pas– sato soltanto il rimorso di non provarlo più; e osservava le colleghe ·anziam.econ lo spa,vento di sentirsi a poeo a poco diventare ,simile a lor-o. Ritornati a casa, poiché aveva aspettato inva1110una parola di Eugenio, ma,gari detta in tono qualunque senza chiedere scusa, che la aiutasse a dimenticare l'asprezza di prima, a!ll~h'ella IIlon riu– sciva a dormire. - È colpa mia ? - si chiedeva rivoltandosi nel suo letto fréddo. - Bono già diventata così? Sapeva che chi è in colpa non meno di chi ha ragione è coovinto di averla, si sforzava di uscire fuori del suo proprio io per consi– derare imparzialmente la cosa. Ma quam.do più si oredeva dimentica di se stessa uno scatto impercettibi le di ra m.core la faceva accorta che in ogni suo giudizio ella non poteva inon portare la sua mep_talità di zitella acid 1 a (si ripeteva la parola per farsi male); e d'altronde n•O!ll sarebbe stato lieto nemmeno riconoscere al fratello tutta la colpa del litigio che li aveva divisi, segno di una divisione più profonda. Non llle parlarono insieme né il giorno dopo né i seguenti. Anzi, oltre il buongiomo e la buooas,era, quasi non si parlavano più. C'era, nell'affettata disinvoltura oolll cui Eugenio usciva ogni sera BibliotecaGino Bianco
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