Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

Le pr-ime poesie del Carducci 675 vecchio Galileo, gli amici si ritrovavano innanzi al solito « poncino » e allora il Chiarini dava lettura dell'ultima lettera cli Giosuè sempre piena di sdegno per qualcuno e di entusiasmo per gli studi che andava com– piendo, e s'iniziavano le discussioni lunghe, accalorate, vivaci, che si protraevano fino alle ore piccole. Il tema : la letteratura; i nemici da combatter,e : gli scrittori romantici di quel tempo, i quali di fronte a loro av~vano la grave colpa cli corrompere e imbarbarire le lettere ita– liane: di tradire il classicismo. Naturalmente il Carducci, del quale già tutti sentivano e subivano la forza dell'ing,egno, dominava spiritual– mente il piocolo cerchio, dove a poco a poco i suoi spiriti classici presero il sopravvento e con essi la sua smania, cli lotta e di battaglia. Tanto era grande la sua influenza che il Gargani, cc romantico guerra,zziano-mazzi– niano », quando si presentò l'occasione, fu il primo a scagliarsi contro il romanticismo con una cc diceria sui poeti odiernissimii>. Il pretesto? Un volumetto di versi, Fiori e sp-ine, che il livornese Braccio Bracci aveva pubblicato con una prefazione del Guerra~zi, dove si consigliava il gio– vine poeta a studiare « la poesia degli Alemanni, dei Pola,(',(',hi, degli Scandinavi e dei Russi ii. Figurarsi ! cc Ho caro, anzi, carissimo, - scriveva il Carducci al Chiarini che lo aveva informato dei bollenti propositi dell'amico, - che il Gargani at– tenda a rivedere le bucce al Bracci: ci avevo pensato io: l'esame me ne distornò : del resto vorrei che tra noi facessimo giuramento di non la– sciare impunito qualunque libretto di poesia sia per venir fuori da oggi in poi. Anche questo sarebbe un mezzo ad ispaventare la canagliaccia laida. La quale ho sentito dalla tua lettera legarsi a nuova offesa del nome italiano. Facciano : noi risponderemo alla loro str,enna col libro nostro sul Pazzi e con articoli di critica. E sosterremo a mezza spada, finché morte ne i;egua, la scuola antica, e eon lavori di nostro e con osservazioni sugli altrui; così, anche non potendo eseguire la intenzione nostra, ci valga e basti l'onore dell'aver protestato e francamente, gio– vani e soli, contro una irruzione straniera nelle lettere peggiore della irruzione straniera armata nel paese ii. Era questo lo squillo della battaglia. La vita della Scuola Normale, dove, come in tutta la Toscana, dopo i moti del '48 infieriva la cosiddetta restaurazione religiosa, non era certamente la più adatta per un temperamento come quello del Car– ducci. D'altra parte alla Normale era giocoforza stare perché solo lì con la spesa di appena 40 lire (unico utile a quanto scriveva all'amico il nor– malista ribelle) si poteva conseguire il titolo di dottore e avviarsi alla carriera dell'insegnamento. Ma il senso di rivolta nel poeta si manife– stava in mille modi : poesie satiriche, scherzi, raccoglimento e studio intenso dei classici, sfoghi furibondi cogli amici. Specialmente ne lle lettere al Chiarini si può cogliere questo stato d'animo esaspera.to il quale, poi, ci fa comprendere i fatti di San Miniato e quel s uo feroce a n– ticlericalismo dei primi anni, ehe culmina nell'inno al Beato Giovanni. della Pace, composto appunto alla Normale. Dove, egli badava più a studiare per proprio conto i testi prediletti, che a seguire le lezioni d'in– segnanti dei quali non aveva, troppa »tima. o a prepara:rsi agli esami. BibliotecaGino Bianco

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