Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

R. B.A.CCHELLI, La congiura di Don Giulio D'Este 751 esame intrapreso dapprima cosi, a cuor leggero, per preparare una piacevole conferenza agli ascoltatori della Ott(Jl1)a d'Oro, il Bacchelli, anziché riporre il manoscritto dopo la sua domenicale lettura e non pensarci più, ci torna sopra; e non può soffocare un'ombra sottile di rimorso, per essersi accinto alla difficile interpretazione di un enigma– tico componimento con una preparazione, secondo lui, troppo sommll,ria e troppo recente. È già,, questo, un bell'esempio di probità! E allora ritorna indietro, non al punto di partenza, ma a.ssai più indietro del punto di partenza; e ,s'immerge nel pelago della ricerca storica, ampia, profon,da, appassionata.; e si fa, lui poeta, archivista e paleografo : e poi, quasi ad ammenda di quel suo peccato domenicale, ricompare davanti ai suoi ideali a,s:Colta.tori con due fitti volumi e cinquecento pagine, a raocontar loro pensatamente la, preparazione e l'infelice successo di quella congiura, per cui tre dei congiurati furono .squartati sulla piazza di Ferrara, uno s'impiccò nella gabbia di ferro dentro la quale l'ave– vano esposto alla folla, e due (ch'erano della casa ducale) marcirono in prigione fino alla morte. Preparazione storica dunque accuratissima; e bisogna dirlo su– bito, per non confondere questo libro colle troppo facili sintesi degli abborraccioni. Di più, il Bacchelli ha tanta onestà letteraria e così rispettosa deferenza verso la serietà della storia, che si astiene, fin che è possibile, dal disegnare troppo ampi quadri e dall'enuncia.re idee ge– nerali; e anche quando lo fa, assai parcamente per vero, ha l'aria quasi di scusarsene col lettore. Ed ha ragione : perché egli sa quanto, anche agli storici consumati, sia difficile tracciare la linea ideale di un'età; e quanta perplessità li assalga e in quali pericoli incorrano. Cosi non mi formalizzerò certo, se in qualcuno di quei ritratti somm'ari egli mi è parso al di qua o al di là del segno. Diciamo, per esempio, nella de– scrizione del governo dello stato, sotto Ercole Estense. Il Bacchelli non può nascondere, sotto una prosa misurata eppur tanto calda di con– tenuta vivezza, la sua ammirazione per la dinastia degli Este, per Er– cole I sopratutto. E la sua ammirazione è perfettamente legittima. Però quando, seguendo il lunghiss~mo corso del governo di quel principe, egli sembra quasi considerar in maniera differente la prima e la se– conda parte di esso governo, e, riconoscendo molte ombre nella ,se,. ·conda, si lascia un po' correr la penna a glorificare la prima, è neces– sario per noi fare qualche riserva. - Finanze regolari e ordinate, giu– stizia bene amministrata, - proclama sulla scorta di un noto studio il Bae(!helli. Ma se ripensiamo i tremendi scoppi di rivolta pubblica, per cui gli esattori venivano, a furia di popolo, trascinati in mezzo alla strada e non soltanto uccisi, ma « taiati a pezi », quasi che la troppo a lungo contenuta indignazione popolare non trovasse supplizio sufficiente a sfogarsi; se ricordiamo la trista consuetudine giudiziaria, per cui le pene, tremende negli atti processuali, venivano poi convertite, con inte– ressata benevolenza, in alcune centinaia di ducati da versare alla ca– mera ducale : e tutto q uesto nei primi e nei secondi anni della signoria erculea; allora vediamo chia.ro che distinguere non si può ; che Ercole fu certo una bella figura di sovrano, ma con le sue ombre, e ben segna.te, durante tutto il suo lungo governo. BibliotecaGino Bianco

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