Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

750 V. LUGLI, Il posto nel tempo s'è fatto in noi quello ,spazio ideale, ci è concesso un naturale commercio coi classici: « Possiamo leggerli ,così disinteressatamente; sono il cibo· essenziale alla nostra maturità piena. Non veHeità di scoperte o di con– qu~ste, non disciplina: piuttosto comune atto di vita, tranquillo uso coi Grandi, senza umiltà, senza orgoglio, tra uomo e uomo .... >>;«Non stanno più su alture inaccessibili; sulla cima della vita li vediamo, fratelli nostri tanto più vasti e pos,senti, non diversi. E il rimpianto per i sogni caduti, per la giovinezza passata senza vittorie, dispare poi che Essi ci dànno la gioia perfetta, ci mo~trano la perfetta virtù che vanamente inse– guimmo». Dove il Lugli ragiona e medita su quest'argomento dice, s'è visto, cose assai giuste e belle. E non solo perché il suo animo di lettore esperto e acuto, esercitato sulle pagine immortali, ,si ,effonde con un tono di calma serena e signorile, ma anche perché, diciam così, il suo «caso», la sua posizione intellettuale, pur essendo perso:nale, non è s·o1itaria; ha anzi radici nel tempo nostro, nella nostra cultura. Vastissime letture, ·,sottile esperienza critica, un'estetica armatissima, - sono segni distintivi di essa, nei migliori; e nel complesso, conquiste di questo trentennio. Perciò forse fra noi più d'uno, - sebbene al Lugli piaccia riferirsi al clima di questa cultura con richiami alquanto vaghi e indeterminati, - potrà riconoscersi in alcune di queste sue pagine ; e specialmente ritrovarsi in quelle ove sono indicati i turbamenti, le ansie e le segrete speranze di un'arte in proprio, insidiata da una crescente coscienza critica che smorzava il fervore creativo nell'atto stesso in cui ,stava per prodursi. Egli stesso dà,·direi in corpore vili, una, prova di cotesta situazione cri– tico-creativa nel capitolo Due no,velle; dal quale si ripiega su una situa– zione di rinunda, sostenuta, se non allietata, dalla coscienza tranquilla di aver conquistato un timbro, un Heve umore « frutto anch'esso degli anni, e tuttavia segno proprio dell'anima, perché è quanto di più nostro abbiamo tratto dal volgere del t~mpo ». Ma le sue migliori qualità, che a molti piaceranno di più, quelle cioè di squisito annotatore al margine di grandi libri, il Lugli le mostra nei due capitoli La selva incantata e L'età dell'idalgo: pagine di gusto sicuro su una materia concreta. Su qmista linea ci piacerebbe di veder proseguire, - e altri saggi sùoi ce ne dànno conferma, - l'attenzione ·cr,itica e sottilmente umana del Lugli; e forse in questo alacre esercizio della sua intelligenza si scioglierebbe anche quel che di pigro e dolente vena certe sue pagine riflessive, squisiti pretesti; più che altro, su terni di cultu.ra e di moralità letteraria. G. TI'ITAROSA. RICCARDO BACCHEJLLI, La congiura di Don Giulio D'Este, 2 volumi. Treves, Milano, 1931. L. 30. Riccardo Baochelli, romanziere e poeta, approda ora alle regioni della storia politica e letteraria. Il caso non è nuovo. O'è anzi, di questi tempi, una abbastanza larga possibilità di esemplificazione. 1Se in molti . altri? questo passaggio abbia dato buoni frutti, credo che sia meglio non mdagare. Ma per Baochelli è un altro discorso. Partito dall'esame di una delle due egloghe volgari dell'Ariosto, BibliotecaGino Bianco·

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