Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
746 A. TILGHER, Estetica --------------------------- vis i one estetica. Insomma anche l'arte come ogni attività spirituale, ha un doppio ~olto: da un lato (ed è que~to il punto su cui Tilgh~r insiste) l'arte è effettivamente oltre la vita vissuta, ignora la corrosione della volontà e del desiderio, è realtà che basta a se stessa e in se stessa s,i conclude: di qui deriva appunto quella «impersonalità» che ci stu– pisce nelle grandi opere, di qui derivano quei misteriosi mondi pi~ni di bene e di male, di passioni e d'errori eppure soffusi d'una così miraco– losa calma· di qui sorge la profonda diversità, senz dubbio qualitativa, del sentim~nto reale da quello che desta in noi l'immagine artistica: ivi la vita, sottratta agli inganni del divenire, veramente « sta e si con– templa». Da.Jl'altro lato anche l'arte è vita nella vita, praxis nella - praxis azione lenta che mira a reintegrarsi nel proprio oggetto, qual'è l'oper~ compiuta, cosa fra le cose, che serba sempre, anche dov'è più luminosa, le ombre e i segni della sua combattuta nascita. Anche per Tilgher l'opera d'arte è creazione, che necessita pertanto di scendere nell'orbita delle cose r~li, di darsi corpo: ma creazione, per così dire, sine labe pratica, come per il Oroce era s>inelabe intellectuale. Mentre nell'aJ.'tista l'uomo intero pa.rtecipa all'opera, .subisce, per così dire, l'opera: imita con una prodigiosa mimica interna, che la psicologia Ji.a anc6ra da studiare, i sentimenti, i pensieri e i casi ch'egli inventa, si atteggia intimamente secondo i personaggi da lui creati, dilata le sue deboli e sia pure impercettibili esperienze di vita sino a significare l'av– ventura eroica, l'amore o il delitto. Non solo: ma la stessa universalità o.ella visione estetica implica la più rigoro~ e riconoscibile individualità: 'e tanto più l'opera sarà universale quanto più essa porterà, nello stile e nella concezione, il segno in:confondibile dell'artista. Anzi in ciò sol– tanto consisterà l'originalità dell'opera, e non nell'astratta originalità del moto di vita che in essa si esprime, come vorrebbe il Tilgher. In– somma, anche l'arte soggiace alla necessità insita in ogni crea-zione spi-· rituale: di scendere nella realtà, d'incarnarsi in tutto il suo sviluppo. Non è che il Tilgher disconosca, in astratto, l'importanza di questo «rovescio>> dinamico e reale dell'esperienza artistica. Ma le considera– zioni ch'egli fa al riguardo non sono molto esaurienti. Egli è giusta– mente compreso, ad esempio, di un'altra delle debolezze dell'estetica éro– ciana, ossia della insoddisfacente soluzione data al problema dei co– siddetti « mezzi espressivi», dell'estrinsecazione dell'immagine. Ma, sfor– zandosi di ehiarire questo punto, egli si lascia sfuggire il nodo essen– ziale del problema. Il Tilgher viene in• sostanza a dire che ano scrittore è necessario scrivere, come al pittore dipingere, perché l'immaginazione . umana è troppo labile per potersi sostenere più d'un momento senza il concorso di quei mezzi materiali (penna e carta, marmo, colori) con cui soltanto l'opera prende corpo e veramente esiste nel mondo ,legli uomini. E non s'accorge, combattendo Groce, di dargli implicitamente ragione, come quando afferma: « L'estrinsecazione fisiça non è, dun– que, inessenziale al processo estetico, ne è anzi parte integrante e costi– tutiva, almeno pe,r le opere d'arte che non si esa;µ,riscoM i11, un brevis– simo rèspiro >>.Ora io non dubito che il Croce, sia pure sotto altra _forma, sarebbe disposto a sottoscrivere l'affermazione tilgheriana. Basta aver dimostrato la necessaria, e sia pure ideale, antecèdenza del mo- BibliotecaGino Bianco
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