Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
A. TILGHER, Estetica 743 forma la più viva esigenza, anc6ra insuperata, del pensiero crociano. In altre parole, anch'esse, in quanto s,iano fondate, si svolgono sulla stessa linea di quel pensiero, partono da lui. Lasciando ora ad altri di giudicare quali nuovi motivi portino, ad esempio, le recenti speculàzioni di un Gentile, questa Estetica di Adriano Tilgher.,servirà a chiarire il discorso fatto sopra. Il Tilgher è un_o di quegli scrittori che vorremmo chiama,re eminentemente « sinto– matici», essendo fra i più pronti a riecheggiare e a formulare, spesso a mezzo di sintesi generali assai efficaci, i movimenti di cultura anc6ra in fieri, e, per usa,re il titolo d'una sua vecchia raccolta, le « voci <lel tempo». «Voci» che hanno sempre contribuito non poco al formarsi del suo pensiero teorico, ,segnandone le frequenti oscilla.zioni, dal primo fìchtismo rammodernato al recente irrazionalismo e idealismo relativi- . s:tico. Tutti sanno, ad esempio, come il teatro di Pirandello non abbia solo trovato in lui il suo primo banditore e propugnatore di qualche ri– sonanza, ma anche il suo autorizzato interprete filosofico. Temperamento di loico e di viaggiatore in idee, ondeggiante tra la filosofia e il giornalismo, le sue preoccupazioni ideologiche ce lo po– terono per qualche tempo avvicinare a scrittori del tipo di Missiroli, come un Missiroli meno agile ma più convinto e conseguente. Era dunque inevitabile che il suo pensiero estetico tenesse, al pari della sua critica letteraria, di quella sua formazione tutta mèntale : e il suo primo con– cetto dell'arte intesa come originalità, svolto nella introduzione agli Studi sul teatro contemporaneo, rivelava a suo fondamento certe pro– spettive d'ordine addirittura ,sociologico, una attenzione così insistita, parlando d'arte, all'astratta novità del «contenuto», inteso come ge– nerico e collettivo « spirito del tempo», da situarlo assai in disparte dal flusso del pensiero estetico che s'andava elaborando sopratutto nei critici liberamente educatisi alla scuola del Croce, e intenti ad acqui– stare, attraverso un'analisi formale sempre più rigorosa e aderente, una più precisa coscienza del fatto artistico nella sua concretezza. Anche il suo principale cànone critico, diretto a rintracciare, nelle opere d'arte, il problema o l' « idea centrale» animatrice, diceva in modo abbastanza chiaro che l'interesse dello scrittore sconfinava dall'arte intesa come arte all'arte intesa come .filosofia o documento spirituale d'un'epoca. ,Sarebbe però ingiusto non voler riconoscere che in questo libro il pensiero del Tilgher si sia· andato notevolmente affinando, in modo da giungere ad alcuni svolgimenti importanti e meritevoli di discussione. Anche il Tilgher comincia col prendere assai vivacemente posizione contro il Croce: ed è certo ch'egli ha saputo dirigere la sua critica proprio sul principale punotum dolens dell'estetica crociana, ossia su quel concetto della «catarsi», del rapporto fra sentimento e intuizione, attorno a cui il pensiero del Croce s'è così tormentosamente esercitato senza essere anc6ra riuscito a darne una esauriente e precisa formula– zione. Come è noto, dalla primitiva identità del tutto immediata e pas– siva di intuizione-espressione, definita nella vecchia Estetica, il Croce è passato in un secondo tempo all'idea d'uno sviluppo, di una sintesi dialettica di contenuto e forma: il «contenuto» cui l'arte è chiamata a, dar forma, fu da lui additatò una volta nell'effettivo sentimento BibliotecaGino Bianco
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