Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
L' ultimo Ohaplin 735 cizia si riduce spesso a una più o meno « douae folie », secondo la parola di Proust. Tema vecchio quanto il mondo, questo della vanità degli affetti- e sempre ricorrente al centro dell'opera di Chaplin: ma qui è nuovo il fatto di averlo raddoppiato e contrappuntato con tale insi– stenza, e tanto più crudele quanto più comico nella sua espressione di episodio in episodio. ·Poiché a tre riprese Charlot, Tantalo ingenuo e \nuocente, spererà di acciuffare il milionario in un mome;to di abban– dono e larghezza, non già per assicurarsi alimento e ristoro, ma allo _scopo di ottenere dal tediato dilapidatore quanto basta per far operare la cieca e da,rle la vista,. E tre volte, passata la sbornia, il milionario rinnegherà il vagabondo: lo farà mettere alla porta dal sollecito mag– giordomo, come un ricattatore, e finalmente negherà di aver dato al va– gabondo il denaro che gli vien trovato addosso e lo lascerà mettere in– giustamente in prigione. All'uscita dalla prigione Charlot ci appare depresso e desolato come non mai per l'addietro, se non forse nel Circo quando il suo viso ~mbrattato dalla saponata dei pagliacci assumeva un'espressione cli così totale ludibrio da riuscire sconcertante e quasi raccapricciante. Ma qui è il suo viso nudo che esprime una umanità ridotta allo stremo, senza speranza di rifugio né di ripresa, e insieme sordamente corrucciata. E {}Uandoi monelli al canto della strada lo bersagliano di motteggi colla più spensierata e gaia, crudeltà, dapprima non ris,ponde loro che con uno sguardo di contenuto sdegno e rimprovero, ma poi sbotta con tutto il suo essere di umiliato e offeso, e per quanto anc6ra in questo momento Chaplin abbia cura d'introdurre uno scambietto di comicità (l'ultimo lembo di camicia utjlizzata da Charlot in guisa di fazzoletto) il dolore del reietto si gonfia di una tale umana dignità che l'irrisione ce ne scon– volge come atto snaturato. E immediatamente s'innesta il breve e ormai famoso finale: l'incontro colla fioraia che grazie ai denari procuratile con uno stratagemma farsesco da Charlot stesso poco prima dell'arresto, ha ottenu to la vista e in ogni bel giovane ch'entra in negozio spera di ravvi– sa.re il seducente cavaliere dei suoi sogni, a cui deve di conoscere la luce. N essun finale dì Chaplin, ed è dir molto, raggiunge l'intensità emotiva di questo. Charlot ritrova l'amore nel momento preciso in cui l'equivoco non può che risolversi e l'amore diventa fatalmente impossibile: e in quegli stessi occhi che gli debbono d'essersi dischiusi, gli tocca di spec– chiarsi oggetto di irreparabile delusione. In quegli ultimi attimi di buio nella sala riconosciamo legittimo e benefico come raramente il dono delle lacrime. E pure come benefico, e come abbondante il riso che suscita questo stesso film! Certe volte, confesso, in tre o quattro momenti, mi è parso che il pubblico ridesse troppo : momenti in cui sono stato tra.versato dal sospetto di una certa stanchezza in Chaplin, come se si ripetesse o indugiasse in alcune trovate. Ma poi, chi sa, quel tanto di farsa a parer mio eccedente probabilmente ci vuole per dare elasticità e respiro al gioco serrato di una macchina cosi rigorosamente regolata e dominata dalla più pura intelligenza che non so trattenermi dall'accollarle la qua– lifica, pe;r altro cosi ambigua, di classica. E mi spiego. Dopo il Kid, BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy