Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931
734 G. Alberti -------------··· ···- ---- distributori di film del mondo intero, quest'uomo che abbiamo visto poco tempo fa perlustrare il vecchio continente onorato dai grandi della terra come un volgare re della margarina, quest'uomo può irridere alla classe degli Epuloni perché la sua individuale esperienza raggiun,ge quella dell 'Ecclesiaste e insieme lo inclina alla più pietosa e cordiale, ma af– fatto spregiudicata e gioconda simpatia per i miserabili e i reietti. E in– sri,sto sulla, spregiudicatezza perché la vivacità con cui ci conquista la rappresentazione di questo reietto, Charlot, nasce propriq dalla sua umanità semplic,e e bruta, tutta contradizioni che non si risolvono, e niente affatto idealizzata all'intento di estorcere una facile e lacrimosa compassione. (Che Chaplin distingua bene carità da filantropia lo dimo– stra ancora una volta la satira, dei filantropi che all'inizio di queste Lu.ci della oittà inaugurano il monumento alla Prosperità). All'apparire della Febbre dell'oro, - mi si consenta di cita,rmi, - notavo come tratti irre– sistibili messi ìn luce dal carattere di Charlot, la « miseria dell'uomo solo che le animali necessità di sostentamento fan vile, bugiardo e ladro, e quella vena d'amore che rampollandogli dentro tratto tratto lo trasforma · subitamente ìn paladino della giustizia ed eroe generoso ». Umano,. troppo umano. Ma l'umanità non fa difetto al milionario; soltanto che mentre le r,eazioni di Charlot sono dominate dalla necessità, quelle del milionario finiscono per dare nell'eccentrico, tanto il gioco degli stimoli è corrotto dall'agio e dall'ozio. Anzi tanto l'hanno scentrato l'ozio e l'agio da condurlo alla paranoia e fino all'orlo del suicidio. E chi lo salva e lo tmttiene all'orlo del fiume è proprio il vagabondo, ricco soltanto di una rosa, simbolo dell'amoroso equivoco della cieca. - Coraggio, ab– bia,te fiducia nella vita,, domani gli uccellini canteranno .... - dice Char– lot. E il milionario, da buon paranoico, facile a tutti gli squilibrii e entusiasmi, subito si pente e trasformando la dis,perazione di pochi mi– nuti innanzi in un impeto di sconfinata gratitudine, vota al suo salva– tore un'amicizia eterna, se lo conduoe a casa e non sa meglio esprimergli il suo attaccamento che coll'inzupparlo letteralmente d'alcool e far– selo cosi complice nello stupefacente paradiso della sbornià. Ma il mag~ giordomo non è punto contento: rientra fra gli obblighi del suo me– stiere di compiacere al suo padrone ìn tutti i suoi desiderii e vizi ma da vero servitore è più realista del re, e ogni volta che il miliona~io non glielo impedisce non manca "di mostrare a Charlot i violenti segni del suo disprezzo e della sua malevolente diffidenza. Gl'impedisce fin di se– dersi su un sofà per tema che lo insudici, e dopo averlo ripetutamente caccia.to dall'uscio non avrà bene finché non lo avrà accusato di furto. Nel mag giordomo non c',è più nulla d'umano: la, classe oziosa è qui ber– sagliata in uno dei suoi satelliti, tanto più odiosi in quanto non vi ap– partengono ma servilmente ne custodisc.ono l'apparato e i pregiudizi _ l'individuo ridotto a livrea. « Tant il est vrllli qu,on est destiné à souffrir des grands et de ae qui leur appartientl », commenta La Bruyère trat– tando dei valets. Cosi Charlot poche ore dopo aver trovato l'amore nella persona, di una cieca, trova l'amicizia grazie aJl'ottenebramento della ragione di un ubbriaco. E l'esperienza che ne potrà trarre, quasiché quella accumulata> non fosse amara abbastanza, sarà che non solo l'amore ma, anche l'ami- BibliotecaGino Bianco
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