Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

730 A. Palazzesohi I clue libri annunziati vennero, e portavano queste dediche. Il primo: Per Aldo Palazzeschi, questa povera offerta di pianti mendicati disperatamente per le vie dell'anima. SERGIO CORAZZINI. Ed il sooondo : Al mio fratello Aldo Palazzeschi perché mi cerchi e non mi trovi, con tene– rezza viva. SERGIOCon. E qualche tempo dopo : Aldo mio dilettissimo, il silenzio, anche una volta, ha vestito un mio lungo male, e puoi tu pensare degnamente con quale gioia pura di comunicando, io torni oggi a parlarti! Aldo mio, tu non hai pensato male ? Forse si. Anzi _io spero di si. La nostra fraternità ha bisogno qualche volta di un affetto diverso dal comune, di un affetto reso tor– bido da una falsa o vera perversità, onde potersi ogni ora più render conto del– l'alto nobilissimo valore che in essa nacque e in essa ha vita eterna. Ti scrivo, ed ho la tei:;ta poggiata alla palma aperta della mano, tanto sono debole, e l'eco della malattia ancor risuona in me, nel mio orribile interno. Il cervello, in verità, mi lascia dormire da qualche notte, ma il freddo, che la mia aggravatisstma anemia rende sensibilissimo al mio corpo, mi fa morire anche vieiho a una sturfa gigantesca. E il tuo libro ? Quando apparirà ? Tu hai avuto per il mio parole di grande affetto e ti ringrazio con le lagrime agir occhi. (Del suo successo non posso davvero esser triste. T'invierò qualche critica che lo riguarda od è per riguardarlo). Il Sancio Pancia è morto! La collez.ione non esiste. Forse i singoli redattori ne avranno-una, ma non credo, e non vorranno mozzarla. Le mie parole per te erano assai lusinghiere e sincerissime, ma in tipografi,a il proto aveva reso l'intero articolo illeggibile. Tuttavia non ristò dal cercare anc6ra. Sarei così lieto di poter fare un piccolo servigio al mio Aldo! tuo SERGIO. Le çondizioni del pov~ro amico si aggravano di giorno in giorno inesorabilmente. Aldo, il crepuscolo è il mio regno di Tristezza. Il letto bianco e triste che mi accoglre da venti giorni è divenuto il mio trono in questo monéro. Non ho, però, piantò mai. Ho sognato di esser morto. Tetro risveglio, tu comprendi. Potrò par– tire, a. marzo, per la campagna ? Prega, per il tuo Sergio malato, nella più povera chiesa fiorentina. Non ti ho mai pensato intensamente come ora. 1m crepuscolo si veste di nero e suona le sue campane. La sua_ stola viola s'è perduta, ma domani ne avrà un'altra più bella. Mi è tanto dolce scriverti, pQggiando la testa sui guau– dali, illudendomi che tu sia là, nell'ombra d'un piccolo angolo nel gesto di udire. 1!J l'ombra che mi vieta la vista delle dolci cose. Anc6ra scorgo le più care sorelle, ma fu,gge l'ora ed io tornerò ad essere il prigioniero singhiozzante, e le cose, le ·povere sepolte-vive nel convento della camera. El il nostro carissimo Marino? Egli attende mie parole, so bene, e ne avrà tante, presto presto. Il tuo libro è per me, -0ramai, una attesa cotidiana. Fa' che io non ti des;deri per molto tempo anc6ra, ti prego! vivis•simi baci SERGIO. In quei giorni viene ricoveratò in una casa di salute in riva al mare, a _Nettuno, ma poco dopo se ne ritorna, non trovandovi il più piccolo _giovamento. BibliotecaGino Bianco

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