Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

722 U. Ojetti riosità di scrittore, sete di poesia e di leggenda nel pieno del secolo lucido e meccanico, m'occupano il cuore. Vorrei saper tutto di loro; e non ho da,vanti che poche righe d'un telegramma o una narrazione edi• ficante che ripete con pallide ,parol,e quello ch'essi hanno in comune, l'inerme bontà, la tenacia, l'abnegazione, non quello che in ognuno d'essi, pur nella medesima fede e obbedienza, è diverso. Perché uno scrit• tore italiano (ma che sia proprio uno scrittore) non va laggiù e non ci na,rra questi miracoli, non ci descrive quelle vite esemplari, non ci fa udir quelle voci, non ci fa vedere quelle case, capanne, cappelle dentro lo stormir delle selve o lungo i fiumi lenti e sterminati? Altro ·c.he Malaisie di Fauconnier, « prix Goncourt ii. Sarebbe un libro, insieme, d'a vventura e di preghiera, di verità e cli miracolo, d'oggi e di sempre. Da quanti secoli infatti dura questa continua emigrazione di gesuiti e francescani, verso quella terra •senza confini, dentro quel folto di popolo oggi quieto come un gregge, domani impazzito come un mare in tempesta ? Conosco a Roma, conosco a Fiesole la casa dei Gesuiti, la casa dei Francescani donde tanti sono partiti per laggiù e non sono più tornati. I superiori, i compagni ne parlano tranquilli, senza superbia e senza commozione, come di chi abbia fatto soltanto il suo dovere e la sua fine naturale. Uno aggiunge: - Povero Fra M., si ricorda che bella voce aveva quando cantava in chiesa? - E l'altro: - In tre anni Padre S. aveva imparato il cinèse così che gli stessi cinesi lo crede– vano uno di loro. •- Non un brivido cli tragedia. Monsignor Costantini, delegato apostolico in Cina, mi narrava giorni fa d'un suo viaggio, se ricordo bene, nel Hunan; a insediare un nuovo vescovo, al posto di quello che un mese prima era, stato ucciso: - Tutto era tornato in pace. Fu una bella funzione, in una chiesa gremita. La sera si pranzò lietamente all'aperto. - È che, da padre Matteo Ricci sulla fine del '500 fino a monsignor Celso Costantini oggi, i missionari romani non trovano là orde selvatiche o corrotte, ma una popolazione mite, rassegnata a patire, a lavorare, a morire, che pone al centro della sua morale la santità della famiglia e, alla base della religione, il culto dei suoi morti; e Confucio è anche pei cattolici un savio venerando;· e finiscono essi stessi a vestirsi di seta bianca alla cinese, a lasciarsi crescere un pizzo di barba, a dimora,re in case fabbricate e divise al modo cinese, a fab– bricare adesso le nuove chiese coi tetti all'insù, alla cinese, in ricordo anc6ra delle tende dei nomadi. Solo, sull'alto, la croce. Mi ricordo da ragazzo, all'Università Gregoriana, nella cella d'un Padre gesuita che m'insegnava l'inglese, una banderuola di seta gialla con caratteri neri, tesa attraverso lo scaffale dei libri. Il buon Padre ch'era stato in Cina vent'anni, un giorno mi tradusse quei segni. Era unà massima di Confucio : « Ciò che l'uomo superiore cerca, è in lui; ciò che il piccolo uomo cerca, è negli l:!,ltriii. - Scrivitela, - m'ordinò _ è ric6rdatela. - Adesso mi dicono che monsignor Costantini si faccia'. co– struire, nel nativo Friuli, in una raccolta- valletta, una tomba alla cinese dentro un monticolo di terra erbosa e alberata. ' I massacratori sono poche masnade ubbriache di cupidigia e di po– litica. Ma il popolo, il vero popolo cinese, saccheggiato e massaçrato anch'esso, .come fare ad odiarlo ? BibliotecaGino Bianco

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