Pègaso - anno III - n. 6 - giugno 1931

710 L. Ozzòla nulla. Vi ubbriacano delle loro frasi, come di «champagne>> e voi non vedete più altro che quello che vogliono loro. «Vous com– prenez? >>. Quando qualche giovane pittore veniva alla trattoria con un volume su qualcuno degli artisti francesi dell'Impressionismo e lo– mostrava a Mancini, egli sfogliava le figure e osservava: - Questo– quadro l'ho veduto quando lo dipingeva nel suo studio in via tale; questo lo vidi quando lo espose nel nego_zio del tale, perché non l'avevano -accettato all'esposizione ufficiale. - Poi chiudeva il libro– aggiungendo : - A Parigi li ho conosciuti tutti, io. Sargent e Paul Bourget mi portavano dappertutto. Ho conosciuto Boldini, De· ~ittis, Manet, Degas e tanti altri. C'era anche Zorn: allora a Parigi. .Se qualcuno poi insisteva a parlargli dei paesisti impressionisti~ egli troncava il discorso con questa semplice affermazione : - Il paesaggio a me non pii;i,ce. A proposito di paesaggio, una volta mi domandò : - :Mi sa spie– gare lei, che studia, perché i pittori non trattano mai il paesaggio come la figura ? alla grandezza di una figura umana ? Mi sa dire perché fanno tutti quei quadretti piccoli ? Di tutti i paesaggi, che alle esposizioni io vidi insieme con Man– cini, il solo che, a mio ricordo, lo abbia fermato fu una grande tela rappresentante un Viale, dipinta da Oourtens. La guardò un po', poi osservò: - Se avessi quattrini me la comprerei. Mi sem– brerebbe d'avere sempre la porta aperta sulla campagna. Paesaggi e quadri di figura, di scuola impressionista, g}i face– vano l'effetto di essere dei« fondi di quadro», invece che dei quadri. E a proposito di un gran quadrone impressionista, che si vide in– sieme, mi disse: - Ma che idea fare un fondo di quadro così grande ! N Oll' le pare ? · Se poi, in una pittura, il rilievo non era nemmeno accennato– esclamava : - Ma perché fare dei cartelloni réclame su tela ? Que– sti non sono che delle decorazioni da « papier peint >>. Sapeva però apprezzare anche il valore di quest'arte, quando- era il caso. ' - , · . All'esposizione romana del Millenovecentoundici un artista che· . . ' ' ' m1 mcontrò mentre Mancini girava per le sale con me, mi disse :. -Sarei curioso di sapere che pensa Mancini di Klimt. - Eppoi soggiunse : - Ma già, lui non lo può capire. Jnvece non fu cosi. Appena si arrivò sulla porta di quella sala bianca, che accoglieva le tele dell'artista viennese, Mancini girò– attorno lo sgual'do, poi lesse forte il nome dell'autore: Klimt, e sorridendo mormorava : - Klimt, Klimt; come suona bene! - e con le dita faceva intanto .il gesto di toccare le corde di un'arpa. E continuava: - Ohe fantasia buggerona! Dove l'ha presa tutta questa fantasia ? - Ma dopo un po',- soggiunse : - Però questa. Biblioteca Gino Bianco

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