Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

Amore 569 trimenti, nei casi più modesti, prender confidenza e diventar di casa. Ve ne erano, fra quelle ragazzette, che invecchiavano nella stessa famiglia; e, quando non potevan far più altro, si ritrovavano a badare i bambini di coloro che avevan tenuto in collo tanti anni prima. Ora però deve succedere più di rado, sebbene quel ceto di piccola borghesia sia, per necessità, più conservatore degli altri. Ma il mondo cammina, o per lo meno cambia. - Io comilllciai così, tant'amni fa. Le acque del fosso parevrun portar via le sue parole. Amche lei le guardava, nel parlare. Parlava .piano, fermrundosi ogni tanto e alzando gli occhi a cercar 1~ bambina che giocava. E poi tomava a dipanar la breve matassa della sua semplice vita, come per ri– prenderne il filo. II. - Avevo tredici anllli, ma rivedo tutto come se fosse ora. La mamma m'a-veva -aiccompagnata alla staziollle, tre ore a piedi giù dal molllte. Ci vorrei trunto ritornare, una volta, prima di morire, lassù. Ma che vuole, lllon ci ho più nessu1I10.Il babbo e 1a mamma son morti. I fratelli.. .. si sa, quando si fanno Ulllafamiglia, è un'al– tra cosa, i fratelli. Ci son tornata qualche altra volta, da giovane; ma meglio di tutto mi ricordo d'allora, che ero bambina, giù per quelle balze, con la mamma che mi teneva per la mano, povera do1I1na.Alla staziollle m'aveva affidato a una donna che scendeva in città, e lei, a Firenze, mi doveva mettere nelle mani di una mia zia, la povera zia Iginia, che era a servizio e mi aveva trovato il posto. La zia mi doveva aspettare alla stazione. A ripensarci, mi par d'esserci, nel treno, col fagotto della roba sulle ginoochia e Ulll cantuccio di pane in mano, tutta imbambolata dall'abburattare delle ruote. Lo scompartimento era pieno zeppo; c'era fumo di sigaro e tanti discorsi néll'aria. Fosse la levataccia, lo stordimento delle novità o il movimento che mi conciliava il solllno, fatto si è che io ci stav,o bene e quando il treno si fermò e si dovette scendere, mi dispiacque d'essere arrivata: lo sa come sono i ragazzi. Nella calca dell-a gente che scendeva lungo i vagoni, si arrivò all'uscita, ma, appena si fu fuori, sulla piazza, davanti alla fila di vetture coi vet– turini che schioccavruno la frusta, quella donrui, mi lasciò andare il braccio, mi disse di aspettarla lì, di 1I1onmuovermi, e si mise a far di gomiti contro la folla che scendeva serrata. S'era scordata l'om– brel1o; em su tutte le furie. Rimasta sola mi tirai un po' indietro, fuori della confusione e mi appoggiai a una colonna di ferro. Del resto passava digià meno gente e lllessuno mi guard~va. Qualche rara volta che mi succede di ritr,ovarmi illltorno alle stazioni, ci son se~pre. quelli che aspettruno BibliotecaGino Bianco

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