Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

Ronda libica 549 La terra è nuda d'alberi, vuota di forme; da lontanissimi spazi nessuno schermo ha franto l'alito d'aria che viene ad avvolgerci. L'assenza di ostacoli avvicina ogni punto di questa superficie omo– genea, e nel silenzio alto sembra che un improvviso grido echeg– gerebbe fino al ciglione del Gebel. Pari a quella dell'alta montagna è la visibilità. Presso il ma– rabutto di Sidi-lfahùma brilla il puntino bianco di un baracano, che segue il puntino nero di un cammello : è un aratore. Se in un raggio di dnque chilometri vi sono trenta uomini, si possono con– tare, come in un campo di neve si contano gli sciatori di una pattuglia lontanissima. Ad uno ad uno si distinguono, al vestito, gli indigeni e gli ita– liani, isolati nei vasti poderi, come eremiti che alla preghiera vo– gliano la solitudinE;. L'immensità stordisce. Si comprende perch.é i beduini non co– noscano la proprietà privata della terra,. Ciascuna cabila dispone di un territorio, e ogni anno il capo spartisce tra le famiglie il suolo per le semine. Il pascolo è comune. Così facevano i Germani descritti da Tacito . .Solo l'angustia dello spazio moltiplica le siepi, e le sollecite cure, e i gelosi diritti. Ora le concessioni si misurano a centinaia di ettari. Cinque o sei sono le fattorie che si scorgono volgendo in cerchio l'occhio; brevi vele quadre disperse in questo immobile mare. Fat– torie e ridotte a un tempo, dove sono il granaio e le postazioni, il focolare e il reticolato. Alcune p,laghe sono brune e ruvide di fresca aratura, altre verzicano di nascente orzo; le zone non sottomesse a coltura sono coperte di tenero pascolo fiorito di primule. A levante brilla una estesa lama. A qualche ora di marcia i segni del lavoro diradano, scompaiono; la campagna s'asciuga, s'inasprisce. Il miraggio accende ferme fiamme lontane, come pagliai alli - neati. La terra non ha più nulla, sopra di sé; non patisce altra opposizione se non il cielo : essa è così come l'hanno fatta le lente emersioni dagli oceani, le piogge, il sole, il vento; da sempre; con le sue asperità, le erosioni, le crepe; continua, enigmatica, erme– tica. Eppure l'uomo coi suoi brevi passi la misura. Altra misura non esiste. Si sente di essere a un limite, si serite éhe vicino è il deserto, ove anche il lichene scompare e ove neppure trascorrono ]e ombre delle nubi. PIERO OPERTI. Biblioteca Gino B~anco

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