Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
Su Federico A1n-iel 537 infierisce contro se stesso per non sapervi giungere : ma per natu - rale istinto di difesa, che si fa forte del solito errore teorico, i suoi sfoghi assumono un tono .di acredine contro il fare, quasi con - tro quelli che agiscono facilmente, come se dovessero essere tutti incoscienti o obbedire a calcoli utilitari. Pour naviguer e,n bas il te faudrait un peu plus de matière pesante, plus de c.ohésion égoi:ste entre les parties, il te manque deux grains de brutalité virile et de satisfa,ction de toi meme .... Il faut brutaliser son sujet, si l'on veut lui donner une forme, et non trembler de IUiifaire tort: aette espèae d'efjronterie me manque .... Si comprende come la spiritosa malignità del Brunetière abbia fatto tesoro di queste dichiarazioni, e si sia soffermata ad osservare con compiacenza che è quello il vero sistema, a saperlo usar bene, per trasporre i propri difetti in nobili qualità, per farsi una su– periorità della propria, debolezza; :fingendo di ammettere che « è la passione del rneglio che gli ha impedito il bene; perché egli avrebbe creato dei capolavori, se si fosse fatto della perfezione un ideale meno inaccessibile; e il suo sogno infine avrebbe preso forma s'egli non avesse temuto, volendo fissarlo, di farne svanire l'incanto)). Facile ironia non del tutto ingiustificata, perché c'è veramente un tono di spregio in quegli sfoghi, come c'è spregio in quella defini– zione ch'egli trova (e lungamente se ne compiace), non essere l'azione altro che, << de la pensée épaissie )). Ma è troppo naturale che dopo esserci lungamente riconosciuti colpevoli si cerchi d'istinto qualche scusa, e che ci si scusi accusando intorno a sé, come fanno molti, e molto volentieri le donne : e l' Amiel era per certi riguardi natura assai femminea. Ma non ci riesco a vedere il ca,lcolo, in que– sta acredine, e neppure vera rivolta contro l'ordine naturale delle cose. Il più grave e il vero indizio del suo male, è l'essere in buona fede, e che quest'ordine naturale, ch'egl i è troppo intelligente per negare («la révolte contre le bon sens c'e.st un enfantillage dont je suis très capable, mais cet excès de puérilité ne dure pas ))), della cui necessità egli ha continue intuizioni, egli non lo conosce, non lo possiede, ché troppe volte agire gli pare proprio un « brutaliser son sujet >>. Viene in mente la facile obbiezione, la maligna interrogazione del Brunetière : ma se egli non avesse avuto l'impedimento di tal sofisma, questa specie di<<impotenza diabolica>>, avrebbe veramente creato dei capolavori ? Nessuno può dirlo, perché se non avesse avuto tal male egli sarebbe stato un altro, e quest'altro noi non lo conosciamo abbastanza bene; e i capolavori non sono così facili come talvolta si crede. Ma certo io oggi, a cinquant'anni dalla sua morte, non esito a dire che se avesse potuto credere di più in quel I BibliotecaGino Bianco
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