Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
Su Federico Amiel 535 un uomo cui tutti questi fenomeni appariva,no, nel fondo dell'animo, tanto insignificanti quanto la vita d'un insetto, e la vita di un'effi– mera indefinita quanto quella di un corpo celeste « avec toute sa poussière de nations >> ? Un uomo che dai pensieri di religione e di teologia si rifugiava in una specie di buddismo germanizzato alla Schopenhauer, e che se ne compiaceva come d'un « affranchisse– ment )) ? Giudicare la vita solamente sub specie aeternitatis potrà giovare a un filosofo, ma può essere assài pernicioso a chi ha ambizioni di storico, di critico : a chi vuole influire sul pensiero degli uomini e sulla loro morale, a chi vuol essere uomo fra gli uomini. Da una parte Amiel filosofo, ma filosòfo di un mistico idealismo, diecimila metri al disopra del livello medio dell'umanità; dall'altra Amiel uomo, coi suoi innegabili talenti di critico letterario musicale o artistico, di uomo di gusto, di minuzioso osservatore e di psicologo ·atto a penetrare le anime, e magari anche di giocatore di volano o di scacchi, di ballerino, di elegante leggitore e affascinante conver– satore. Perché egli era uomo di mondo, per nulla maldestro e im– pacciato : bello di nobile bellezza, alto e slanciato, coi piedi piccoli, le mani aristocratiche, la vita snella, con un chiaro viso aperto, un po' tormentato nel cavo degli occhi, ma vasto, illuminato dall'am– pia fronte e incorniciato da una fine barba castana, spirituale. Ma coltivare seriamente questi facili doni, più di quel che si richiedesse alla semplice convenienza mondana o al naturale bisogno di ren– dersi momentanea ragione d'ogni ·cosa, spingere a fondo qualcuna di queste attitudini, dedicarvisi con tutto il suo io e con tutte le sue qualità filosofiche, gli pareva quasi un delitto contro se stesso e contro l'universalità dello spirito. Gli pareva di sacrificare alla vanità, all'ambizione di ben figu– rare tra gli uomini (che pure spe~so lo tormentava) l'armonico svi– luppo dell'individuo. Egli potrebbe decidersi, impegnarsi a fondo in qualche bisogna J::ien definita, ma sarebbe« un limite, una pietrifi– cazione, una privazione, una diminuzione di se stesso>>. Deve cer– care invece di mantenersi libero ? « Sì, dal punto di vista dello sviluppo armonico, della cultura individuale; forse no, dal punto di vista della forza, di una carriera, del successo, perché non si può far nulla se non limitandosi, non si acquista una dignità che pren– dendo una forma, non ci si avvantaggia in una qualsiasi attività che specializzandosi>> (J oiirnal del 9 settembre 1850). E il sofisma non potrebbe esser più chiaro. Egli confonde in– nanzi tutto il successo mondano, probabile ma non sempre neces– saria conseguenza, col successo vero e giusto del «fare)), del realiz– zare. E non vede che ogni attività, purché condotta a fondo fino alle sue ragioni ultime, conferisce appunto allo sviluppo armonico del– l'individuo, dell'« homo intelligens)): gli pareva che dovesse con- BibliotecaGino Bianco
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