Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
M. Bonjantini e stupito dove si davano centoventi lezioni al giorno, dove (e son parole s~e, in un articolo del '48) « l'uno costruisce e l'altro demo– lisce l'uno dice e l'altro disdice, e· di qua vi provano una tesi, mentre dalla cattedra contigua ve la confutano>>, dove si può sentire in breve volger d'ora« un ortodosso, e poi un razionalista, al quale succede uno speculativo>>; da quella Università, che era come « una equazione di mille termini, immagine, in piccolo, dell'equazione della vita)), aveva cavato gran desideri e nobili pensieri, molto più che non teoretiche certezze. Dalla poesia invece, e anche da quella speciale poesia che dicemmo, non era poi molto lontano, anzi ci arrivò qualche volta. Ma gli mancava la fede, la forza pessimistica, la, disperazione, la vigoria per mantenersi all'altezza dell'impegno, per farne l'unica sua ragione di vita; era un carattere un po' de– bole, e, malgrado i suoi lamenti, la vita gli era stata e gli era troppo facile, non abbastanza, deserta di agevoli soddisfazioni: non ebbe coraggio né fiducia, nulla di quell'« intrepido cuore>> che (secondo la frase felice di un critico) sorreggeva certi voli di Ronsard poeta, che fa i poeti « cosmici >> e i grandi pessimisti. Preferì i giochi d'abilità, le tornite sentenz.e, i mediocri ludi di Grains de Mi.l) del Penseroso, di La Part dit Réve, di J our à J our) le modeste raccoltine di sentenze o di ingegnosi versetti con le quali si sforzò per trent'anni, senza riuscirvi, di provare a se stesso d'es– sere occupato in qualche cosa; preferì l'arida fatica delle J!Jtran– gères, dalla quale si stupiva, a cose finite, di trarre così poca sod– disfazione, pur compiacendosi di essere riuscito a risolvere « il problema della traduzione in versi francesi, considerata come un'nrte speciale>>. , Ma erano modesti impegni, ai quali si riconosceva a priori atto e sufficiente : non sapeva rischiare più in grande, senza la certezza di riuscire; il suo essere ripugnava a quelli ch'egli considerava salti nel buio. Restava la scienza, alla maniera grandiosa del De Saus– sure, dell'Humboldt, del Ritter, ma non si sentiva innovatore, avrebbe dovuto andar sulle orme degli altri, applicare. Ed egli sognava d'alt:oo parte attività più generose e immediate, innovazioni ardite nella _critica, nella storia, impetuose conquiste sugli animi, mettendo a frutto la sterminata coltura ch'egli sapeva di avere, e quella potenza creatrice che gli pareva di riconoscere in sé, sacrificata e compressa. Ma come avrebbe potuto godere dei fatti umani, appassionarsi ad essi, studiarli, viverne, creare, influire sul suo ambiente gine– vrino, « iniettare il bisogno scientifico, lo slancio verso la poesia e la filosofi.a, preparare alla metamorfosi religiosa dell'avvenire ri– svegliare l'originalità svizzera-romanza, dare una base alla teol~gia gin~vrinà, alle scienze 1;1aturali, alla critica e alla produzione lette– raria; mostrare la genesi e la relazione delle scienze tra di loro )), Biblioteca·Gino Bianco
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