Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

Africa nuo11a: Là principessa magra 531 ganza, segno di razza. Non si poteva essere una bella donna e una vera signora, a Batnmbal é, se si rimaneva a.l disotto del quintale. E questo era il drarp.ma in cui si struggeva quella povera piccola Gneregné, che sarà stata sì e no, vestita e ingioiellata, quaranta chili. Innamoratissima com'era del suo gagliardo Bigulé Bigulai, capiva di non essere per lui che un giuocattolino, una donnettina– scherzo, un vero ciondolino d'oro. Come fare, come fare, per diven– tare una bella pallottola tonda e burrosa come quelle antipatiche che le mettevano attorno per farla morire di rabbia ? Poter correre incontro al suo amore, camminando come loro, con quel movimento di rullo e beccheggio, che gioia! Come l'avrebbe amata allora il suo bel Bigulé Bigulai infedelissimo ! Inutile era stata ogni cura, vana ogni speranza. ,:Medici frengi, stregoni indigeni, preghiÌ.ere, voti a tutti i santi e a tutti gli uocajù degli Ambettà, degli Uzinzé e dei Ngara-ngara, a nulla avevano valso. Il regime tradizionale d'ingrassamento a latte e patate dolci non aveva avuto il minimo effetto. Disperata, la povera piccola Gneregné innamorata s'era buttata allora a mangiare tutto quello che le capitava di masticabile e d'inghiottibile. Non c'era farinaceo di cui non avesse fatto polenta, vegetale di cui non avesse fatto insalata, animale di cui non avesse fatto bistecche. Mangiava tutto, roba cruda e roba cotta, carni vive e carni morte, furiosamente, freneticamente, fino a rimanere col pancino tirato e la gola chiiusa dall'ultimo boccone, boccheggiante, nauseata e insaziata. Squadre di schiavi correvano notte e giorno i boschi e le riviere delle sue terre a caccia e a pesca, di tutte le bestie possibili, alla ricerca delle frutta più rare. Tutto aveva provato, dalle mammelle di leonessa alle natiche di scimmia, dalle uova di avvoltoio a quelle di cocco– drillo, dalle focacce di cavallette al pitone carpionato, dalle frittate di gemme di baobab e di sicomoro alle confetture di corolle di ninfee e di rafflesie; senza contare i cibi più pazzi e inverosimili e disgu– stosi, la terra grassa dei pantani, i barattoli di cosmetici dei pro– fumieri frengi) gli escrementi lattiginosi dei caìnmellfoi poppanti. E tutto invano. Era passata di indigestione in indigestione, e non era aumentata di un chilo. E il suo bel Bigulé Bigulai si svagava intanto da lei ogni giorno di più, dietro tutte quelle rotonde bel– lezze dondolone che gli facevano la ruota attorno. Questo era il suo dramma, povera piccola g-ingerò di quaranta chili. Possibile che non si potesse trovare al mondo un cibo che avesse la virtù di farla ingrassare? A che scopo, allora, aver fatto amicizia con tutta quella gente bianca ? La festa stava per finire, molta gente se n'era già andata, e la piccola Gneregné era ancora sul suo tronetto a rice,,ere inchini e baciamani di ringrazia.mento. Con le pa,lpebre abbass~te sui belli BibliotecaGino Bianco

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