Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

Afr-ica nuova : La principessa magra 529 sul suo tronetto. Inchini a tuffo delle dame, baciamani ad angolo retto dei grandi freng,i. Oa,rina e garbata, la piccola principessa ri– spondeva agli inchini con un piegare grazioso del capo, porgeva con un gesto un po' timido la manina scura daUe unghiette lilla, ma aveva sempre q_uel suo sguardo vuoto, assente, si vedeva sempre che il suo pensiero era lontano, che nel suo piccolo cuore di prin– cipessa negra c'era una pena sempre desta, in cui ,ella si raccoglieva tutta, e che le rendeva impossibile il sorriso. Anche quello stan– zone che era la sua grande sala di ricevimento, che malinconia! Ricordava certe nostre sale di riunione di società paesane di mutuo soccorso, con le pareti sbrozzolose dallo zoccolo grigio verniciato a olio, i capricci e le portiere di reps verde con le frangie a palline, le file di sedie di Vienna in giro in giro, i trofei di bandiere incro– ciate, i ritratti delle LL. II. MM. in oleografia; e in bella mostra su una cantoniera, fra una vecchia mite « carselle >> a olio con la pancia di maiolica, dipinta e il tubo rotto, e la tromba minacciosa di un grammofono, la fotografia con dedica del maresciallo Fran– ch.et d'Esperey, con relativo bastone in mano. La gente rimaneva un p o' lì, come imbarazzata, guardava quella figuretta bruna così isolata e impenetrabile, seduta sul suo tronetto rosso con un'aria di bimba in castigo, così diversa da quei monaconi neri delle dame di Corte che gli imperiali zii le avevano prestato, e che se ne sta– vano sedute in silenzio ai suoi fianchi, grasse strippate, con le mani intrecciate sulle pancie a tre ordini, a 1-1ospiraree voltare qua e là gli occhi di mucche. Rimaneva un po' lì, poi defluiva a ondate, in– calzata dai sopravvenienti, nell'attigua galleria dove era preparato il bu:ffè. Per parecchi giorni, sotto l'alta direzione di Monsieur Du– pont, capo delle cucine imperiali e marito dell'imperiale ostetrica Madame Dupont, schiere di pasticcieri, fuochisti, sguatteri e affini avevano lavorato senza riposo. Sicché c'era da scialare. Montagne di dolciumi, valanghe 'di g_elati, piramidi di frutta, fiumane di vini di Francia. Non per nulla il grande Ngula I, che Dio guardi, aveva aperto alla civiltà tutte le porte dell'Impero Unito. Finita l'epoca barbara dei bevitori di idromele fermentato e di birra di sorgo: roba buona anc6ra per gli schiavi che restavano, o tutt'al più da bere in famiglia. In pubblico, un Ambettà, un Uzinzé, e anche uno Ngara-ngara, - razza dominata, negri fra i negri, - che si rispettassero non potevano più ubriacarsi che di sciampagna o di whisky di buona marca. L'allegria era perciò vasta, clamorosa, e quanto mai poliglotta, attorno ai lunghi tavoli delle copiose imbandigioni. Nomi illustri, gioielli raggianti, uniformi da quadro, burnus preziosi, decorazioni di gran classe, schiene nude di gran rango, tatuaggi e nasi bucati d'alta nobiltà, turbanti possenti e orgogliosi colbacchi, opache cri– niere crespute e lucide chiome d'oro: inchini, baciamani, strofinii, 34. - Ptg,,so. BibliotecaGino Bianco

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