Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

528 G. Oivinini passava, in testa a,l gruppo delle dame di Corte grasse e chiatte, che la seo-uivano a fatica sdondolandosi come paperone, o se ne stava in ~iedi come un paggetto bruno accanto al trono dell'Im- p eratrice zia o-uardando dinnanzi a sé con quel suo sguardo un l b po' assente, buona buona, come se fosse sola. Sotto al mantell~ di raso si vedevano diseo·narsi le braccia magre in croce sul seno d1 bimba. Un amore di bi~ba. ,Ma come avesse potuto già dare quei due eredi, così a ripetizione, a, quel grande e bel diavolaccio di Bigulé Bigulai, gran karaghé, o cerimoniere che dir si voglia, del– l'Imperatrice, e valoroso barentacc, o comandante dell'avanguar– dia, dell'Imperatore, Dio solo lo sa. La casa della principessa Gneregné e di suo marito il bel Bigulé Bigulai era una specie di grande bungalow, a un sol piano, con una veranda aperta sul davanti, e sul dietro un prolungamento a mo' di galleria, con le pareti di eternit, il soffitto di lamiera ondulata, e quattro lunghe vetrate con molti vetri rotti; dai quali entrava a folate molli e tiepide il respiro della notte african_a gonfiando i tendaggi di abugiadid, la immancabile cotonina bianca che in Africa serve un po' a tutto, con le marche azzurre delle pezze lasciate bene in mostra per maggiore eleganza. I.e vetrate guardavano da una parte su un bananeto, dall'altra su un recinto di tucul in cui dor– mivano ammonticchiati un sull'altro, insieme coi buricchi e i mu– letti, gli schiavi non ancora aboliti che avevan preparato la festa. La quale ormai era nel pieno del suo splendore. Le automobili degli invitati continuavano ad arrivare interminabili, varcavano l'in– gresso del recinto esterno a palizzata, stra,halzavano un po', strom - bettando disperatamente, sul pietrame e le buche di un viale trac– ciato per la circostanza, in mezzo a due file di torcie a vento che rischiaravano vagamente musi e toraci neri lucidi di sudore e canne di schioppi a presentat'arm, si fermavano alla scalinata della ve– randa che dava accesso alla casa, ta,ppezzata di tappeti magnifici e orribili alla rinfusa e illumina.ta con un bel trofeo di lampadine dai colori della bandier a imperiale , scaricavano il loro contenuto di grandi uniformi militari e diplom&tiche, d'abiti neri, di spalle e schiene nude, poi proseguivano verso un piazzale laterale dove il buio le inghiottiva : una specie di bolgia tenebrosa da cui ribolliva un clamore confuso di brontolii di motori, di ringhi irosi e gorgo– glianti di cammelli, di vocii striduli di nativi e di moccoli di frengi in tutte le lingue d'Europa. A piedi nudi. e sciabola sguainata, fa– cevano servizio d'onore alcune guardie scelte del barentacc, vestiti con mafiosissime divise verdi ad alamari d'argento, forse originarie di qualche circo equestre delle nostre terre. Dentro i cerimonieri si susseguivano, guidando con molti inchini gli invitati di sala in sala fino a quella dove Sua Altezza Gneregné li attendeva, seduta BibliotecaGino Bianco

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