Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
C. M.A.LA.P ARTE, Sodoma e Gomorra 633 brano, Sodoma e Gomorra: così mosse ed estrose da ,sfiorare per un istante l'acrobazia giornalistica, ma così pronte a riprendere con– tatto con la realtà, come UIJ. limpido vento di primavera che, dopo qualche mulinello sull'ultima giogaia, imbocca la valle e corre giù uguale e continuo allagando placidamente le piane. Almeno una volta nella vita, le trombe di Gerico suonano alte e mattutine nel cuore di tutti gli uomini. Da bambino, in Toscana, mi svegliavo spesso all'improv– viso nelle notti di primavera, udendo in sogno un clangore di trombe giù nella valle del Btsenzio. La notte era dolce, e il silenzio profondo e chiaro come un lago. Tempo fa a Parigi, nella Salle Gaveau, due negri d'America, lucidi e prote– stanti, cantavano uno spiritual innanzi a un puhblico malato di spleen e di ram– marichi erotici : uno, il più nero, aveva una voce di basso affogata nel ventre, cupa e vendicativa, l'altro una voce di contralto, appassionata e morente, la voce di Andromeda incatenata allo scoglio. Le parole dello spiritual celebravano le virtù di Giosuè e delle sue trombe, sotto le mura di Gerico. I due negri canta– vano con gli occhi al cielo, a mani giunte, come i pastori di Betlemme. Chi legge di questi tratti si fa senz'altro un'idea delle qualità del nal'ratore, e ne ricaverà anche l'impressione, crediamo, che non siano dei soliti pezzi di bravura, delle solite pagine staccate che tanto ci ossessionarono fino a ieri. Brani così indicano invece chiarMnente la necessità che li lega al corpo di un racconto, la naturale continuità dello stile. E queste qualità non esistono solo come promesse, ma sorreggono robustamente i racconti {specialmente La Maddalena di Carlsbourg e Il JJfwrtellatore della vecchia Inghilterra, le due cose più semplici e belle di tutto il libro); e la maniera di Malaparte n~ acquista una schiet– tezza e vigoria, un « interesse» che è il segno della verità. Arte nata dai fatti, ma non brutali e grezzi : dal desiderio imperioso, dalla sem– plice e salda riso>luzione di imporre oerti sentimenti, di riprodurre quel dato ambiente, quella scena, come l'autore l'ha sentita e fissata in sé. Il libro poi neill'assieme, già l'ho detto, non manca di ombre: om– bre così •scure alcune, che stupiscono, in uno scrittore così schietto e si– curo ai suoi momenti, che tanto onestamente e tanto spesso sa avvincere e trarre a sé, e « divertire» (se si ha da dire la gran parola, nel suo vero senso che pare abbia perdutoT- Eocolo per e$empio nel primo racconto, dopo la bella pagina che abbiamo detto, uscirti fuori d'im– provviso con certe frrusi di chiaro malgusto, e raccontare di caece invernali con u:n.tono di schietta cifra strapaesana ormai troppo abu– sato; eccolo in La figlia del pastore di Bo-rn travestire la schiettezza naturale del dramma con certi veli simbolisti alla, Poe, maniera lontanis– sima dal suo vero stile; e a,bbandonarsi, in Donna Rossa, a descrizioni di paese troppo lunghe e minuziose, tutt'altro che spiacevoli, ma gior .. nalistiche, inadatte al narratore. E così un bel racconto (Storia del Cavaliere delV A.lqero), pensoso e accorato, finisce con la brutta trovata di quella circoncisione; e un altro anc6ra (La Madonna di Strapaese), scritto tempo fa, credo a scopi polemico-letterari, con un pittoresco affatto grossolano e di maniera, non avrebbe mai dovuto trovar posto in questo libro. E donde tanto male ? Da un vizio particolare, che non è BibliotecaGino Bianco
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