Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931
A. FR.A.Ncr, Italiani e forestieri 631 manzoniano tirato in ballo coi suoi porcellini in un paragone famoso dei Promessi Sposi. Ce ne sarà sempre di quelli, tra gli articoli, che faranno resfstenza ad unirsi docilmente cogli altri. Io ammiro chi, nonostante la difficoltà, mi mette insieme un volume che si possa leggere con vero gusto: l'abilità di Adolfo Franci, per esempio, in questo suo recente libro,- è delle più meritevoli di osservazione, anche se invece di appesantire il volume con un preambolo, intermezzo e divisioni in parti (cinque) per dare senso e im1,ressione di unità, avesse preferito alleg– gerirlo di qualche pagina•, o di qualche scena. La sveltezza, la disinvoltura, la chiara sobria bonaria descrizione, alla toscana, di uomini e cose, di amicizie e di conoscenze, che son qua– lità del Franci, riescono tanto più evidenti quanto più scarnite sono 1 e direttamente, cronistica.mente presentate al lettore desideroso di rive– dere i suoi beniamini nella fama letteraria, politica, mondana•, artistica. Il Franci sa scrivere, e non smentisce con questa raccolta la gra– ziosa spigliatezza che c'era nel Servitore di Piazza di dieci anni fa. Il Franci di allora· è quello di ora; e questa sua immobilità, o per dirla con termine più nobile, coerenza di fisonomia letteraria può essere un merito in confronto di quelli che ogni anno hanno la smania di apparire diversamente nuovi. Nelle stesse somiglianze di argomento, si possono avvertire i cam– biamenti operati dal tempo e dalle cose nuo,ve apparse di poi : quel tranvai a vapore di Poggio a Caiano, nel Servitore d!:ll1920, percorre campagne « che avevano una vaga somiglianza con i paesaggi di Ruys– dael >> : qui, nel libro del 1930, quel tranvai « sembrava nscito, pari pari, da una stampa dell'ottocento>>. Dieci anni fa, per mettere insieme tutti i nomi d'amici e conoscenti, il Franci ricorre a un sogno; e in -quel sogno vede una corte imperiale: c'è Papini, Pancrazi, Bontempelli, Sof– fici, Moretti, Cardarelli, Baldini, Spadini, Palazzeschi, De Chirico, e una lotta greco-romana tra Mariani e Guido da Verona: nel libro del '30, Milano predomina su Firenze, e invece del sogno, l'autore si mette a com– porre un quadro d'immaginazione, dove gli aJII1ici sono disposti a seconda delle fattezze e degli atteggiamenti: Marco Ramperti e Bacchelli in evidenza, nel prospetto,, tra Chiarelli, Verga.ni, Angioletti, Titta Rosa, Monelli, Lualdi. .. : quello che più piaee in Franei scrittore sono le sue notazioni leggiere di realtà :figurativa. Ci sarebbe da farne un florilegio. Ecco D'Annunzio : « Mi dà la mano con un gesto che mi colpisce: rilevando il gomito solo a metà, moda del secolo scorso in omaggio a una principessa di Galles cui era spuntato un foruncolo sotto il braccio>>. Quando nel sole delle undici, sul portone del Club dei nobili, Gabriele d'Annunzio si mostrava in Via Tornabuoni « appa– riva.... sulla soglia del gran portone austero, in po·sa un tantino tea– trale ma non 'studiata. Un piede sul marciapiede, e l'altro sulla pietra corrosa, le mani inguantate di giallo sui :fianchi.... >>. La Serao è viva in poche battute: « Poi dalla Francia si scese in Italià e qui, di colpo, il discorso, entrò nel clima di famiglia, un clima di festa e di banchetto domenicale dove i commensali si conoscono fin da quando portavano i pantaloncini e le sottanine corte. Donna Ma– tilde chiamava tutti per nome. Diceva: Ugo, Giaeomo, Don Salvatore, BibliotecaGino Bianco
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