Pègaso - anno III - n. 5 - maggio 1931

630 Lettere di Iacopo Novaro ai sitoi genitori piena serenità. Ohe a qualche passo pare fin troppa; come di uno che di progetto sgombri il suo ,cielo, d'ogni nuvola. ,Spesso le lettere dal fronte, e quelle dei migliori, furono cosi: prive d'ogni ombra che po– tesse dar pena ai lontani. Il 7 aprile 1916, dalla Val Raccolana,: « C'è un pendìo nevoso ripido lungo cir,oo 70 metri. Mi ci allungai bocconi col rapo in giù, le braccia strette ai fianchi, il petto come ca.rena contro la nev,e. In un secondo mi ritrovai in fondo alla china avvolto in una candida nube. I momenti migliori me li procura.no qualche rapido sogno da sveglio, qualche nota del Lohengrin accennata s ull'organetto durante un alt in mezzo agli abeti, e i primi fuggenti indizi di intesa d'affetto fra me e i miei soldati». In lettere tutte attive e piene della sua labo– riosa giornata ( « il mio programma vuol essere anc6ra e sempre: fare, fare e migliorare>>) gli aivviene di ricordare Chopin, Leopardi, Dante. Oppure: « Nevicava e c'era una nebbia fitta. Calma, completa. Neppure un colpo di fucile: calma alla Oézanne ». « Alle 21 chiuso nel mio bu– gigattolo sto leggendo An,na ·Kareruine. Alle 22 esco col piccone e lavoro sotto una miracolosa luna .fino alle 24. Poi sto mezz'ora, sdraiato per terra. Sonata appassionata». Il 23 maggio: « C'erano tante stelle in ci.elo da impazzire. Steso per terra, dopo lavorato, guardavo.... Mi prendevano le vertigini, mi sentivo sull'orlo del precipizio. Il mistero ci avviluppa e ,squassa in certi momenti con una intensità e violenza tali che se ne resta oppressi e come ,sfiniti». Il 31 maggio, durante l'offensiva austriaca sul Trentino, cambia settore, va col battaglione Sac.carello al Campo della ,Marcesina. Fu una delle ore terribili della guerra, tutto ardeva intorno a lui. E scrive anc6ra, a rassicurare i suoi, il 31 maggio : « Il mio equilibrio, il mio senso riflessivo e attivo della vita mi danno una serenità convinta e salda ». Due giorni dopo cadeva. Noi ogg~ si chiude il libro che raccoglie le sue lettere quasi con un senso di stupore. In questo giovane caduto ventenne (e ne abbiamo po– tuto seguire per tre anni i pensieri e la vita tra i casi più difficili, nelle occasioni più grandi) non ci fu mai nulla che potesse dispiacere, mai un momento che egli sii.a, sembrato inferiore. Iacopo Novaro è dei pochi che lasciano quasi un ideale e perfetto ritratto di sé. Pensando a lui sentiamo di dovergli non ammirazione soltanto ma anche gratitudine· . . ' ' e rmgra.z1amo la sorte che in quegli anni concesse anche a noi di vivere vicino a questi fratelli migliori. PIETROp ANCRAZI. ADOLFO FRANCI, Italiani e forestieri. - Oeschina, Milano, 1930. L. 12. Non è facile far rivivere nella vita del libro cj.ò che, scritto nella terza pagina dei quotidiani, ben presto si travolge e si pe~de, lasciando echi solo negli animi di pochi fodeli a:.ffezionati lettori. Per l'autore poi, cercar di raccogli~re e di rinchiudere dentro un volume tante sparse e ormai sbandate creature non ,è sempre cosa pia– cevole; talvolta può essere una, fatica vana-, come qu~lla del fanciullo BibliotecaGino Bianco

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